Competenza intercettazioni: rileva la nazionalità dell’utenza
[intestaz]
App. Napoli Sez. IV, Sent., 31-12-2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
IV SEZIONE PENALE
Giudizio di appello
La Corte di Appello di Napoli, quarta sezione penale, composta dai seguenti magistrati:
dott. ssa Paola Ambrosio – Presidente relatore
dott. Luigi Esposito – Consigliere
dott.ssa Teresa Annunziata – Consigliere
all’udienza del 2/10/12 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento penale a carico di :
A.C. nato a N. il (…)
A.G. nato a S.G.C. il (…)
C.F. nato a S. il (…)
C.P. nata a N. il (…)
omissis
appellante
avverso la sentenza del 8/7/10 del GIP del Tribunale di Napoli con l’imputazione che segue :
reperibile
IMPUTATI
M.L.
C.V.
C.A.
omissis
A) del delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv c.p., 73 D.P.R. n. 309 del 1990 perchè in concorso tra di loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, M.L. e C.V. detenevano illegalmente, al fine di spaccio, quantitativi vari di sostanza stupefacente, che provvedevano poi a consegnare in tempi diversi, e segnatamente tra il 4/6/03 ed il 6/7/03, a C.A., che l’acquistava per rivenderla a sua volta.
omissis
[fattoediritto]
Con sentenza del GIP del Tribunale di Napoli dell’8/7/10 A.C., A.G., C.F., C.P., C.V., D.A., F.M., F.B., G.M., G.G., M.L., Ma.G.,M.S., Q.E., R.V., S.L., S.S. venivano dichiarati colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti ed in particolare:
A.C. colpevole dei reati ascrittigli ai capi d), e), f), g), h), i) ed r) della rubrica e, tenuto conto dell’aumento per la recidiva contestata, ritenuto più grave il reato di cui al capo r) , unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni 10 di reclusione; A.G. colpevole dei reati ascrittigli ai capi e), f), g), ed r) della rubrica e ritenuto più grave il reato di cui al capo r) , unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni otto di reclusione;
C.F. colpevole dei reati ascrittigli ai capi s), z) e bb) della rubrica e ritenuto più grave il reato di cui al capo s) unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni 10 di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa;
C.P. colpevole dei reati a lei ascritti ai capi t) e bb) della rubrica e ritenuta la continuazione tra i reati contestati e quello di cui alla sentenza del 29/7/04, riformata in data 16/2/05, irrevocabile il 3/5/06, con la quale la Confessore è stata condannata alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa, veniva condannata alla ulteriore pena di anni quattro di reclusione ed Euro 10.000,00 di multa;
C.V., colpevole di reati ascritti gli ai capi a) , b) n) , p) ed r) della rubrica e ritenuto più grave il reato di cui al capo r) , unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni otto di reclusione;
D.A. colpevole dei reati ascritti gli ai capi j) , k) , l) ed r) della rubrica e ritenuto più grave il reato di cui al capo r) , unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni otto di reclusione;
F.M., colpevole dei reati ascrittigli ai capi e), m), n), o), p), q) ed r) della rubrica e concesse le attenuanti generiche ritenute equivalenti all’aggravante ed alla recidiva contestata, ritenuto più grave il reato di cui al capo r) , unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni 10 di reclusione;
F.B., colpevole dei reati ascrittigli ai capi u), z) e bb) della rubrica e, ritenuto più grave il reato di cui al capo u) , unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione e con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni 10 di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa;
G.M. colpevole dei reati ascrittigli ai capi u) ,v) , aa) e bb) della rubrica e ritenuto più grave il reato di cui al capo u) , unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione e con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni 10 di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa;
G.G. colpevole dei reati ascrittigli ai capi d) , e) , h) , i) , l) , m), n), o), p), q) ed r) della rubrica e concesse le attenuanti generiche ritenute equivalenti all’aggravante ed alla recidiva contestata, ritenuto più grave il reato di cui al capo r) , unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni 10 di reclusione;
M.L. colpevole dei reati ascrittigli ai capi a), b), c), j), k), l), m), n), o), p) ed r) della rubrica e ritenuto più grave il reato di cui al capo r) , unificati tutti i reati in contestazione, nonchè quello di cui al capo a) della sentenza del GUP presso il Tribunale di Nola del 27/5/04, riformata in appello il 18/1/05, irrevocabile il 19/4/07, con la quale il M. è stato condannato alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa, sotto il vincolo della continuazione, con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena complessiva di anni 10 di reclusione;
Ma.G. colpevole del reato ascrittogli al capo bb) della rubrica e concesse le attenuanti generiche, con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni sei di reclusione;
M.S. colpevole dei reati ascrittigli ai capi v) , z) , aa) e bb) della rubrica e ritenuto più grave il reato di cui al capo bb) , unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni 10 di reclusione;
Q.E. colpevole dei reati ascrittigli ai capi u) e bb) della rubrica è ritenuta la continuazione tra i reati contestati e quelli di cui alla sentenza della 15/12/05, irrevocabile il 13/2/08, con la quale il Quartarano è stato condannato alla pena di anni sei di reclusione ed Euro 20.0. ,00 di multa, veniva condannato alla ulteriore pena di anni tre di reclusione ed Euro 10.0. ,00 di multa;
R.V. colpevole e dei reati ascrittigli ai capi , s) , t) u), v), aa) e bb) e tenuto conto dell’aumento per la recidiva contestata, ritenuto più grave il reato di cui al capo u) , unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni 12 di reclusione ed Euro 50.000,00 di multa;
S.L. colpevole dei reati ascrittigli ai capi n), o) e bb) della rubrica e tenuto conto dell’aumento per la recidiva contestata, ritenuto più grave il reato di cui al capo bb) , unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni otto di reclusione;
S.S. colpevole dei reati ascrittigli ai capi s) , t) , u), v), z), aa) e bb) e tenuto conto dell’aumento per la recidiva contestata, ritenuto più grave il reato di cui al capo u) , unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, con la diminuente del rito, veniva condannato alla pena di anni 12 di reclusione ed Euro 50,000,00 di multa.
Tutti gli imputati venivano condannati alla interdizione in perpetuo dai PP.UU. ed in stato di interdizione legale durante la pena, con esclusione della sospensione della podestà dei genitori.
Veniva, inoltre, ordinata la misura di sicurezza della libertà vigilata per anni due per tutti gli imputati.
Confisca e distruzione della sostanza stupefacente in sequestro.
Veniva, infine, ordinata la confisca di quanto in sequestro, ai sensi dell’articolo 12 sexies L. n. 356 del 1992. Avverso tale sentenza, proponevano appello degli imputati ed in particolare:
l’A.C. ed A.G. che preliminarmente eccepivano la nullità dell’attività integrativa di indagine espletata dall’ufficio del GUP e ciò in quanto, una volta accolta dal giudice la richiesta del rito abbreviato, ritenendo quindi il processo definibile allo stato degli atti, non è consentita alcuna attività integrativa; eccepivano 1′ inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, disposte con i decreti 1727/03; 2262/03, 2468/03 e 23/04 per violazione degli articoli 267, comma II c.p.p., “271 comma primo c.p.p., nonché 268 comma III c.p.p. , chiedevano l’assoluzione dal reato di alloro ascritti ai sensi del I o II comma dell’articolo 530 c.p.p., perché il fatto non sussiste, non costituisce reato o non lo hanno commesso; eccepivano, ancora, la violazione degli articoli 405 – 406 comma V c.p.p. , donde la inutilizzabilità di tutti gli atti acquisiti dopo la scadenza delle indagini, ivi compreso il sequestro preventivo; in subordine far rientrare i capi di imputazione relativi all’attività di spaccio nell’ipotesi attenuata di cui V comma del D.P.R. n. 309 del 1990 ; la concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione, il minimo aumento della continuazione e la pena nei minimi edittali. Chiedevano, inoltre, la revoca della confisca di tutti beni per violazione degli istituti di cui agli articoli 405 – 407 comma VI c.p. e da ultimo la revoca della pena accessorie della libertà vigilata.
C.F. che chiedeva l’assoluzione per non aver commesso il fatto o perché è insufficiente o contraddittoria la prova che lo ha commesso; in subordine, in relazione al reato di cui all’articolo 74 D.P.R. n. 309 del 1990 , il riconoscimento del ruolo di mero partecipe, invocava la concessione delle attenuanti generiche da ritenersi prevalenti ed il minimo della pena.
C.P.; che lamentava la eccessività della pena, con conseguente riduzione della stessa.
C.V. , che chiedeva l’assoluzione dal reato sub r) perché il fatto non sussiste attesa la mancanza di prova dell’esistenza, sia della compagine associativa, che dell’adesione alla stessa da parte sua; chiedeva, inoltre, l’assoluzione dai singoli reati per non aver commesso il fatto o il fatto non sussiste; lamentava la mancata concessione delle attenuanti generiche e la riduzione della pena. Sostanzialmente analoghi i motivi proposti dall’avvocato Porta.
D.A., che chiedeva l’assoluzione per i delitti di cui ai capi j), k) ed r) con formula ampia. Lamenta l’imputato che il giudice ha omesso di valutare attentamente importanti elementi che avrebbero potuto indurlo ad una diversa decisione. Per quanto riguarda il capo j) il motivo di gravame è incentrato sul mancato approfondimento sul tema afferente l’esatta identificazione dell’imputato e pertanto sul punto la sentenza rappresenta vistose lacune ed evidenti contraddizioni; in ordine al capo K) , osserva la difesa che manca la prova sulla destinazione al D. della droga, che, secondo l’accusa il coimputato M.L. ed il padre avrebbero portato in Puglia; sul capo r) , l’appellante osserva che dalle telefonate intercettate può solo evincersi che l’imputato conosceva il S.M., ma non legittima l’appartenenza al gruppo malavitoso; chiedeva, ancora, la rinnovazione dell’istruttore dibattimentale per l’espletamento di una perizia fonica, in relazione alla conversazione telefonica n. 682; chiedeva, infine, la concessione delle attenuanti generiche; il minimo della pena ed i benefici di legge.
F.M., il quale chiedeva l’assoluzione dal reato di cui al capo r) , perché il fatto non sussiste o non lo ha commesso. Secondo la difesa, la commissione di reati ex articolo 73 D.P.R. n. 309 del 1990 non può da sola costituire prova del reato associativo, mancando, peraltro, ogni riferimento all’elemento soggettivo del reato in parola e non fornendo il contenuto delle intercettazioni la prova di contatti finalizzati alla programmazione di affari o ad altri profili afferenti il sodalizio; chiedeva, inoltre, l’assoluzione di cui all’articolo 73 D.P.R. n. 309 del 1990 , di cui al capo m) , non avendo l’imputato intrattenuto alcun contatto telefonico nei giorni immediatamente precedenti o successivi con gli altri imputati , allorché era avvenuto il sequestro dello stupefacente e, pertanto, in ulteriore subordine, chiedeva alla concessione del V comma dell’articolo 73 D.P.R. n. 309 del 1990 ; concessione delle attenuanti generiche ed il minimo della pena
F.B. che eccepiva preliminarmente la nullità dell’attività integrativa di indagine espletata dal GUP , già illustrato nei motivi di gravame dal coimputato A.C.; si eccepiva, inoltre, la inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche per violazione degli articoli 267 e 268 comma HI e 271 c.p.p.; si chiedeva, poi, l’assoluzione da tutti i capi d’imputazione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato o per non averlo commesso.
Ed invero, la doglianza difensiva sostiene che neppure l’espletamento di perizia fonica disposta dal GUP ha dissolto i dubbi sull’esatta identificazione dell’imputato.
Per quel che concerne il capo z) , il motivo di gravame rileva che non vi è alcun legame con l’attività illecita che i coimputati stavano concludendo, nè che possa ritenersi il F. quale destinatario di parte della sostanza stupefacente, essendo, peraltro, il contenuto delle conversazioni suscettibile di numerose interpretazioni di segno opposto a quello dell’accusa.
Da ultimo, quanto al capo u) secondo la difesa non vi è certezza non solo sull’identificazione dell’imputato quale interlocutore delle conversazioni relative e in ordine all’associazione di cui al capo bb) sarebbe arbitrario ritenere che i rapporti confidenziali del F. con gli altri coimputati si riferiscano a trattative per forniture di droga, in subordine, infine, l’esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 80 D.P.R. n. 309 del 1990 ; la concessione delle attenuanti generiche ed il minimo della pena.
G.M. ; che chiedeva l’assoluzione da tutti i reati ascrittigli per non aver commesso il fatto. A tale proposito, il difensore appellante accredita dubbi sull’esatta identificazione dell’imputato; si insiste per l’assoluzione dal reato sub u) , perché il fatto non sussiste sul punto. Il motivo di gravame nel ribadire le già esposte perplessità circa l’individuazione del G. , si incentra sul contenuto delle conversazioni intercettate che di per sé non appaiano sufficienti e tali da far ritenere l’imputato coinvolto nella importazione di sostanze stupefacenti; chiedeva, inoltre, l’esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 80 D.P.R. n. 309 del 1990 , in relazione al capo u) , ed infine, la concessione delle attenuanti generiche da ritenersi prevalenti e il minimo della pena.
G.G. che chiedeva la assoluzione dal reato associativo, perché il fatto non sussiste o per non averlo commesso. Il gravame sul punto lamenta che la reiterazione della condotta illecita (episodi di detenzione ai fini di spaccio) non bastano per provare l’esistenza di un accordo complessivo in vista di un programma associativo; chiedeva, inoltre, l’assoluzione dal reato sub m), per non aver commesso il fatto o, in subordine perché il fatto non sussiste. A tale proposito , la doglianza è incentrata sul contenuto dell’intercettazione che non offrirebbe elementi sufficienti per l’affermazione della partecipazione dell’imputato in relazione alla detenzione di droga sequestrata al M.L. , in ulteriore subordine chiedeva la concessione del V comma dell’articolo 73 D.P.R. n. 309 del 1990 , la concessione delle attenuanti generiche da ritenersi prevalenti ed il minimo della pena.
M.L. , che chiedeva l’assoluzione da tutti i reati contestati. Il gravame sul punto sostiene che vi sarebbe una incongruità logica sul contenuto delle conversazioni telefoniche, laddove, il linguaggio adoperato e ritenuto dal giudice criptato mancherebbe di alcuna valutazione circa l’effettiva attività lavorativa svolta dagli interlocutori. Si ribadisce, inoltre, che le telefonate sono di difficile interpretazione anche per le sovrapposizioni di voci che non consentono una chiara e precisa ricostruzione del quadro indiziario, in subordine insisteva per la concessione delle attenuanti generiche ed il minimo della pena.
Q.E. che chiedeva l’assoluzione da reati ascrittigli perché il fatto non sussiste, mancando la chiara e certa decodificazione del contenuto delle intercettazioni telefoniche.
Ed invero la doglianza difensiva deduce che le conversazioni ora con la Confessore , ora con il R. dimostrerebbero esclusivamente la preoccupazione di quest’ultimo per il viaggio da intraprendere all’estero dalla sua compagna; in subordine, chiedeva la concessione delle attenuanti generiche ed il minimo della pena.
Ma.G. , che chiedeva l’assoluzione dal reato ascrittogli ai sensi del II comma dell’articolo 530 c.p.p. , in quanto non vi è prova dell’attività associativa; in subordine, chiedeva la riduzione della pena e la continuazione con altra sentenza emessa dall’autorità giudiziaria straniera.
R.V. che eccepiva la nullità della sentenza per avere il giudice di prime cure posto a base della decisione materiale probatorio acquisito in violazione di legge e, pertanto, in utilizzabile ex art. 191 c.p.p. , in relazione all’articolo 271 c.p.p. , ed ancora la inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni per assoluta mancanza di motivazione dei decreti autorizzativi e per il mancato utilizzo della procedura per rogatoria internazionale con riferimento alle utenze estere, infine per omesso esame della memoria difensiva per difetto di motivazione.
Eccepiva, inoltre, la nullità della sentenza di primo grado per vizio di motivazione del percorso logico – deduttivo condiviso dal primo giudice nella valutazione del materiale investigativo, con particolare riferimento alla perizia fonica.
Chiedeva, ancora, l’assoluzione dal reato sub s) per non aver commesso il fatto o quanto meno ai sensi del II comma dell’articolo 530 c.p.p. per non essere stato provato che l’imputato fosse realmente il destinatario di una parte del carico sequestrato al R.G. ; l’assoluzione per non essere provato che l’interlocutore intercettato si identifichi nel R. ; chiedeva l’assoluzione dal reato di cui al capo t) perché il fatto non sussiste o quanto meno ai sensi del II comma dell’articolo 530 c.p.p. perché non risulta provato che il R. abbia partecipato all’importazione di un quantitativo di sostanza stupefacente dalla Spagna e che come sia lui l’interlocutore delle conversazioni.
Parimenti dica sì per il reato di cui al capo u) con le argomentazioni identiche al capo t) e relative al sequestro dello stupefacente sequestrato alla Confessore.
Analogamente dicasi per i reati di cui ai capi v) ed aa) partecipazione, in veste di finanziatore dell’importazione di stupefacente sequestrato al Quartarano.
Ed infine chiedeva l’assoluzione per il capo bb) per non aver commesso il fatto o quanto meno ai sensi del II co. dell’articolo 530 c.p.p., per non essere stato provato che il R. facesse parte dell’associazione di cui all’articolo 74 D.P.R. n. 309 del 1990 .
In via gradata, chiedeva l’esclusione dell’aggravante di cui reati di cui ai capi s), t), u) e v).
In via ulteriormente gradata , chiedeva il contenimento della pena base del delitto ex articolo 73 D.P.R. n. 309 del 1990 ai minimi edittali, minimo aumento dell’aggravante di cui all’articolo 80 D.P.R. n. 309 del 1990 , disapplicazione della recidiva, minimo aumento della continuazione; la concessione delle attenuanti generiche; lamentava, da ultimo, la illegittimità della confisca dei beni.
M.S. , eccepiva la nullità della sentenza per avere il giudice di prime cure posto a base della decisione materiale probatorio acquisito in violazione di legge e, pertanto, inutilizzabile ai sensi dell’articolo 278 c.p.p. , eccepiva , ancora, la nullità della sentenza risultando la motivazione solo apparente e comunque tale da non dimostrare il percorso logico deduttivo nella valutazione della prova, con particolare riferimento alla perizia fonica; chiedeva, altresì, l’assoluzione dalla contestazione sub v) per non aver commesso il fatto, sulla circostanza che non vi sarebbe prova certa che il M. fosse realmente il destinatario di una parte del carico di sostanza stupefacente sequestrata a R.G., né che fosse l’interlocutore intercettato, chiedeva, ancora, l’assoluzione dal capo sub z) , perché il fatto non sussiste, non sussistendo alcuna prova che l’imputato avesse partecipato all’importazione di droga, così come non vi sarebbe prova della commissione del reato di cui ai capi aa) e che sia egli l’interlocutore della telefonata intercettata.
Ed ancora, chiedeva l’assoluzione dal reato associativo, per mancanza di prova sulla affectio societatis ed in ulteriore subordine la concessione delle attenuanti generiche ed il minimo della pena.
S.S. che lamentava l’incertezza dell’individuazione del S., quale utilizzatore delle utenze intercettate e contestava l’inconsistenza delle ulteriori acquisizioni probatorie: ed in particolare, in relazione al capo s) , deduceva che gli accertamenti di PG , non dimostravano la presenza in Spagna dell’imputato, né tanto meno alcuno suo interessamento in traffici di sostanza stupefacente; in ordine al capo t) , l’assenza di alcun sequestro di droga, parimenti, dicasi quanto al capo u) , in assenza di termini riconducibili allo stupefacente ed al capo v) dal quale non si ricaverebbe alcun ruolo rivestito dall’imputato nella vicenda.
Ed ancora, quanto ai capi e) ed aa) non risulterebbe alcun accordo che possa definirsi perfezionato e che per quel che concerne l’associazione a delinquere contestava la ricostruzione del primo giudice che si basava sul difetto dell’accordo stabile ed in difetto di contributi specifici ed effettivi dell’imputato.
In ulteriore subordine, chiedeva la concessione delle attenuanti generiche, l’esclusione delle aggravanti lamentando, infine, la eccessività della pena.
S.L. che chiedeva l’assoluzione per non aver commesso il fatto in ordine a tutti i reati ascrittigli , in considerazione della circostanza che nelle poche telefonate che lo riguardano non si fa mai esplicito riferimento alla droga, né tantomeno vengono utilizzate espressioni criptiche.
Con riferimento, poi, alle dichiarazioni del coimputato G. la difesa ne deduce la inutilizzabilità essendo prive di riscontri.
In subordine, la concessione dell’attenuante di cui alla VI comma dell’articolo 74 D.P.R. n. 309 del 1990 ; la concessione delle attenuanti generiche e la riduzione della pena.
Va innanzitutto rilevato che nel corso del dibattimento gli imputati A.C., A.G., F.B., C.F., M.L., Q.E., C.V., S.L., S.S., D.A., G.G. e F.M. hanno dichiarato di rinunciare ai motivi principali di gravame , di talchè per costoro il parametro del giudizio è ristretto ai soli motivi superstiti, quanto dire a quelli afferenti il trattamento sanzionatorio, essendo inibito al giudice di prendere cognizione di quei capi e punti della decisione su cui ha fatto acquiescenza la parte.
È appena il caso di osservare al riguardo che nel caso in esame, non ricorrono situazioni rilevabili ex officio in ogni stato e grado del processo, quali ad esempio il rispetto delle norme sulla competenza funzionale e per materia, le pregiudizialità, l’immediata applicazione delle formule assolutorie ex articolo 129 del codice di rito.
Ciò posto, vanno in primo luogo esaminate le posizioni degli imputati che non hanno rinunciato ad alcun motivo e, in seconda battuta quelle degli altri, nei limiti delle doglianze residue.
Ma.G..
Assolto dal reato sub z) (importazione di un quantitativo di cocaina sequestrato a R.J. (il 26/7/04), è stato invece condannato per il reato associativo rubricato al capo bb).
Con l’interposto appello, a sostegno della richiesta di assoluzione ex articolo 530 c.p.p., il difensore assume che non vi è prova dell’attività associativa dell’imputato, quando si trovava in Spagna, atteso che ” non ha mai incontrato gli imputati giunti da Napoli “.
La doglianza dedotta con scarna e generica motivazione è destituita di fondamento, avendo il primo giudice compiutamente esaminato la posizione del Ma. , dando conto degli elementi di prova a suo carico alle pagine da 286 a 294 e da pagina 333 a 334 dell’impugnata sentenza, alla cui lettura si rinvia, tenuto conto che le censure formulate non contengono alcun elemento nuovo e diverso da quello disatteso dal primo giudice.
Qui occorre solo rimarcare, a confutazione di quanto genericamente affermato dal difensore appellante, che il Ma.,in territorio spagnolo, risulta molto attivo in occasione delle varie trattative afferenti ovviamente il traffico di droga ed il trasporto della stessa.
Egli è continuamente in contatto con i coimputati S.M. e C.F., come inequivocabilmente emerge dalle conversazioni telefoniche intercettate, di cui si dà conto nella sentenza appellata.
Trattasi all’evidenza di conversazioni che hanno ad oggetto appuntamenti, trattative e quant’altro connesso all’approvvigionamento ed alla commercializzazione della droga.
Particolarmente significativa è la conversazione delle 7/6/04 intercorse tra S.M. ed il Ma. che discutono del prezzo della cocaina e della relativa qualità: il Ma. esplicita di aver concluso la trattativa ad un prezzo pari a Euro 26.000,00 al kilogrammo, corrispondente a quello relativo ad altra precedente contrattazione.
Dal tenore della stessa conversazione emerge in modo altrettanto significativo che il S.M. invierà al Ma. tramite un terzo personaggio la somma di Euro 200.000,00 per saldare il pagamento della partita di cocaina di cui i due discutono.
Con l’ulteriore motivo di gravame, l’appellante reclama la riduzione della pena.
Anche tale profilo di gravame è infondato.
Al riguardo, va preliminarmente disattesa la richiesta di applicazione della continuazione tra i fatti per cui è processo e quelli di cui alla sentenza dell’AG spagnola, emessa il 15/5/07 e riconosciuta da questa AG l’1/7/08.
All’uopo , al di là del rilievo che detta sentenza riguarda fatti ( traffico di sostanze stupefacenti) accertati in Spagna il 19/8/06, quanto dire in epoca ben successiva alla condotta associativa di cui ci si occupa (fino al 2005) e, peraltro, la sentenza non è stata neppure allegata in atti, sta di fatto che la richiesta difensiva è stata avanzata solo in sede di discussione del presente grado di giudizio.
Cioè a dire non forma oggetto di impugnazione e pertanto, per il principio del ” devolutum” è inibita alla Corte la valutazione della questione.
Per il resto, la pena è stata congruamente determinata muovendo dai valori minimi previsti dalla norma incriminatrice e benevolmente ridotta per le attenuanti generiche, sicché non appare affatto eccessiva, ma appare adeguata rispetto alla gravità del fatto.
G.M.
E’ stato condannato per i reati sub u) , v) , aa) , ( concorso in importazione di droga dalla Spagna), nonché per il reato associativo sub bb).
Nei motivi di gravame, il difensore appellante reclama l’assoluzione dell’imputato per non aver commesso i fatti, reiterando le obiezioni già svolte in primo grado sulla certa identificazione del G. , come di colui che conversa nelle telefonate prese in considerazione per la pronuncia di condanna.
Analogamente reclama l’assoluzione dal reato sub u) , perché il fatto non sussiste, argomentando che, in ogni caso, la perizia fonica è stata effettuata a campione per ciascun episodio e la conversazione n. 42 , presa in considerazione per il suddetto reato sub u) non è sufficiente per ritenere il G. coinvolto nell’importazione di sostanza stupefacente dalla Spagna.
Infine ed in subordine, reclama l’esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 80 D.P.R. n. 309 del 1990 , nonché la concessione delle attenuanti generiche prevalenti e la riduzione della pena.
Le censure sono infondate.
Ritiene la Corte, alla stregua di quanto risulta accertato in atti, che alcun ragionevole dubbio può esservi sull’esatta identificazione di G.M. quale interlocutore dei suoi complici nelle conversazioni che chiaramente evidenziano il suo coinvolgimento nelle vicende delittuose ascrittegli.
A tale proposito, mette conto rilevare che nelle intercettazioni di cui trattasi, il G. viene indicato con il suo nome di battesimo “M.” o “M.” e per di più essendo emerso dalla telefonata del 6/5/04 che il predetto doveva partire per la Spagna via Milano alle 17,40 ( per portare soldi a R.V.), la PG accertava che effettivamente lo stesso era nella lista passeggeri del volo AZ 1296 Napoli – Capodichino – Milano Malpensa.
Ed ancora rileva che, sempre a seguito delle intercettazioni, la PG ha accertato rimesse di denaro attraverso la Western Union da M. a G. in Spagna e dal G. a Q.E.. Ebbene, già questi elementi sono, ad avviso della Corte, più che sufficienti a dimostrare la precisa identificazione del G. , la cui voce, peraltro, era riconosciuta dagli operatori di PG preposti all’ascolto.
Ma il dato è ulteriormente avvalorato dall’esito della perizia fonica che il GIP ha ritenuto di dover disporre sulle contestazioni della difesa.
Infatti il perito fonico, con ampia e convincente motivazione, supportata da precisi riferimenti tecnici che caratterizzano tale tipo di verifica, ha accertato la marcata somiglianza e la compatibilità della voce presente nelle conversazioni sottoposte al suo esame e quelle del saggio fonico.
Ciò posto, rileva la Corte che suddette risultanze di indagine valgono a dare certezza del fatto che il G. , a cui, giova ribadirlo, gli interlocutori quali il R. e la Confessore fanno riferimento indicandolo con il nome di battesimo, sia il personaggio che ha curato l’importazione della droga e la messa a disposizione del complessivo quantitativo, affidando il trasporto parte a Quartarano , parte a C.P. .
A nulla rileva, infatti, che l’accertamento fonico è stato fatto a campione per ciascuno degli episodi in contestazione, perché nel contesto delittuoso delineato con precisione non è ragionevolmente proponibile l’astratta ipotesi che un altro M. si sia sovrapposto all’odierno imputato.
Parimenti infondata è la richiesta di esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 80 , co. II D.P.R. n. 309 del 1990 siccome contestata, essendo i quantitativi importati pari a complessivi 21 kg di cocaina, di cui 14 kg caduti in sequestro, all’evidenza di ingente entità.
Quanto alla pena , la gravità dei fatti non consente di ravvisare circostanze suscettibili di essere comparate alla contestata aggravante ai fini di bilanciare il rigore punitivo .
Pertanto, la pena rapportata al più grave delitto sub u) , non è affatto ispirata a criteri di severità, ma appare proporzionata alla gravità dei fatti indice di allarmante personalità.
M.S..
Assolto dal reato sub s) , è stato invece condannato per delitti di cui ai capi v) – z) – aa) e bb) dell’imputazione.
Con l’interposto appello, il difensore eccepisce anzitutto la nullità della sentenza per essere la decisione fondata su intercettazioni inutilizzabili, sia perché autorizzate con provvedimenti privi di adeguata motivazione, sia perché, relativamente alle utenze estere non è stata seguita la procedura di rogatoria internazionale.
Ulteriore eccezione di nullità concerne la mancanza di un percorso logico deduttivo nella valutazione delle risultanze di indagine.
Nel merito l’appellante reclama l’assoluzione dai reati ascrittogli sub v) – aa) e bb) , per non aver commesso il fatto e dal reato sub z) perché il fatto non sussiste, contestando per tutti l’esatta identificazione del M. , quale interlocutore intercettato.
L’appello è infondato.
Sulla prima questione, che sostanzialmente involge l’asserita inutilizzabilità della intercettazione , la Corte condivide integralmente le argomentazioni del primo giudice (cfr da pagina 29 a 36 dell’impugnata sentenza) alle quali si riporta e che devono qui intendersi trascritte per le evidenti esigenze di sintesi e per evitare inutili ripetizioni.
È appena il caso di osservare sul punto alla stregua di consolidati principi giurisprudenziali affermati più volte dalla Suprema Corte, che quando,come nel caso di specie, le obiezioni della difesa appellante non contengono elementi nuovi rispetto a quelli valutati in prime cure, la motivazione per relationem è perfettamente legittima.
Qui basta solo aggiungere che, contrariamente a quanto affermato dall’appellante, tanto i decreti di autorizzazione delle intercettazioni, quanto i provvedimenti di proroga delle stesse sono congruamente motivati sotto ogni profilo, vale a dire sia con riferimento alle emergenze investigative che giustificano la captazione stessa, sia con riferimento alla necessità di utilizzare impianti localizzati in ambiti diversi della Procura.
Né miglior sorte merita la seconda eccezione di nullità, atteso che la valutazione delle risultanze di indagine ad opera del primo giudice, anche per quanto riguarda la perizia fonica quale mezzo istruttorio legittimamente espletato, non solo è corretto, ma è esaustiva, come di qui a poco meglio si dirà.
Invero, la perizia fonica non interviene a fornire da sola la prova della riferibilità delle specifiche conversazioni all’odierno imputato, ma offre un elemento esterno di conforto all’attendibile riconoscimento vocale dei verbalizzanti confermato, peraltro, in alcune conversazione dai ripetuti riferimenti a un nome di battesimo dell’imputato e comunque a circostanze ed eventi personali dello stesso successivamente riscontrati.
Ci si intende riferire, in particolare alla conversazione n. 83 del 23/7/04, sull’utenza in uso a C.F., nella quale S.S. pronuncia al suo interlocutore (C.) la volontà di cedere il telefono cellulare a “S.” che gli sta accanto.
Ebbene il S. è proprio il M. i cui rapporti di frequentazione e di complicità con S.S. sono riscontrati in atti, dal rilievo che entrambi, in data 8/2/04 erano sulla lista passeggeri ( Milano – Napoli provenienti da Valencia) unitamente a S.L.; ed ancora, il 17/2/04, i predetti erano sul volo AZ 1296 , Napoli – Milano avevano proseguito il viaggio per Valencia ; per di più, sempre a seguito delle intercettazioni, la PG ha accertato rimesse di denaro, attraverso la Western Union da M. a G. e da quest’ultimo al corriere Q.E..
Sicché è legittimo pervenire, al di là di ogni ragionevole dubbio, al convincimento che l’interlocutore telefonico delle conversazioni in atti sia l’odierno imputato.
Un ulteriore annotazione riguarda l’eccezione difensiva, secondo cui, essendo l’utenza intercettata del S. prima e del G. poi, riconducibile ad un gestore di telefonia mobile spagnolo, occorreva procedere mediante rogatoria internazionale.
Sul punto, toma utile ribadire che in tema di intercettazioni telefoniche di un’utenza cellulare mobile, ai fini della individuazione della giurisdizione competente, rileva non il luogo ove sia in uso il relativo apparecchio, ma esclusivamente la nazionalità dell’utenza (cfr Cass. 35229 del 39 05, citata proprio dal difensore appellante).
Or bene, nel caso di specie, non vi è dubbio che le intercettazioni siano riferibili ad utenze italiane e sottoposte ad intercettazione anche se relative a telefonate in partenza dall’Italia e dirette all’estero e viceversa di guisa che tutta l’attività di captazione e registrazione viene compiuta interamente sul territorio italiano.
Nel merito, l’appellante, a sostegno della richiesta di assoluzione dal reato sub v) assume genericamente che la condotta ascritta al M., il quale avrebbe curato le trattative per l’arrivo di stupefacente dalla Spagna per conto del gruppo di R.V., non è provato.
Tale assunto difensivo è destituito di fondamento.
La vicenda è stata specificamente ricostruita dal primo giudice alle pagg. da 228 a 242 dell’impugnata sentenza, alla cui lettura si rinvia, ove sono puntualmente indicati gli elementi di prova acquisiti, tra cui, in particolare le conversazioni captate nelle quali è coinvolto in pieno il M..
Emergono, infatti da tali risultanze intercettive il ruolo che nella vicenda hanno avuto il M. ed i suoi complici, vale a dire S.S., R.V. e G.M. ( cfr relative posizioni).
Segnatamente M.S. ha avuto il compito di seguire, nell’interesse di R.V. le ultime trattative in Spagna accompagnandosi a Q.E. cui era affidato il trasporto della droga e che durante il viaggio di ritorno è stato fermato dalla guardia di finanza e tratto in arresto.
A fronte di tali emergenze, nessun elemento nuovo e diverso da quelli esaminati e disattesi dal primo giudice, è stato proposto dal difensore appellante.
Analoghe considerazioni valgono per il delitto di cui al capo aa) della rubrica, anche esso descritto analiticamente nella sentenza dalle pagine 261 e seg. , cui per evidenti ragioni di sintesi occorre far rinvio, posto che le censure difensive sono scarne ed in pratica limitate ad un unico rilievo: nelle conversazioni non si parla di droga e tale dato è confermato dal bonifico ricevuto dal G. tramite la Western Union in data successiva al sequestro di droga.
Al riguardo, è agevole obiettare che proprio a seguito delle intercettazioni, la PG è pervenuta al sequestro della droga e, per quanto concerne il bonifico citato, la relativa somma serviva unicamente a consentire al G. di rimanere in Spagna dopo l’acquisto e l’invio dello stupefacente.
Infine, anche per il delitto associativo la contestazione della difesa, limitata alla asserita mancanza di elementi, da cui desumere con assoluta certezza che gli imputati fossero consapevoli di operare in una organizzazione nella quale l’attività dei singoli confluisse negli scopi dell’associazione, non hanno pregio.
In realtà, le vicende contestate al M. presuppongono ed evidenziano una organizzazione stabile, ben collaudata, che ha disponibilità notevole di mezzi ed è capace di esercitare un consistente traffico di droga dall’estero all’Italia. Un traffico che di per sé solo, per le modalità con cui si è svolto, implica inevitabilmente l’esistenza di una solida struttura organizzativa che agisce, peraltro, in collegamento con altro gruppo delinquenziale, e nella quale il M. svolge un ruolo essenziale di talchè egli non può non essere consapevole.
Quanto alle doglianze sulla pena, osserva la Corte, che l’estrema gravità dei fatti ed i pessimi precedenti penali del M. non consentono di ravvisare circostanze suscettibili di una valutazione idonea a bilanciare in qualche modo questi aspetti allarmanti della vicenda.
La pena, poi, correttamente determinata dal primo giudice, appare congruamente rapportata alla gravità dei fatti e dalla negativa personalità del prevenuto, quanto dire è commisurata agli elementi indicati nell’articolo 133 c.p..
R.V..
È stato condannato per i delitti sub s), t), u) , v) aa) , bb) e con l’interposto appello ha eccepito in primo luogo la nullità della sentenza per essere la decisione fondata su intercettazioni inutilizzabili, sia perché è autorizzata con provvedimenti privi di adeguata motivazione, sia perché, relativamente alle utenze estere, non è stata seguita la procedura di rogatoria internazionale. Trattasi di questioni già esaminate e risolte in senso contrario alla tesi difensiva nella posizione di M.S., alla quale pertanto ci si riporta e che si intende qui trascritta.
Analogo rinvio alla medesima posizione del M. va fatta per le eccezioni relative alla valutazione delle risultanze di indagine, con particolare riferimento alla perizia fonica.
Questa, invero, non interviene da soia a fornire la prova della riferibilità delle specifiche contestazioni all’odierno imputato, ma offre, come di qui a poco si dirà , un valido elemento esterno di riscontro all’esatta individuazione del R. siccome inconfutabilmente accertata in atti.
Nel merito l’appellante reclama in primo luogo l’assoluzione dal reato sub s) per non aver commesso il fatto, non essendo provato che il R. fosse realmente il destinatario di una parte del carico di sostanza stupefacente sequestrata a R.G..
Il motivo è infondato.
La vicenda è ricostruita alle pagine 180 e segg. della impugnata sentenza alla cui lettura si rinvia Qui deve solo aggiungersi, a confutazione di quanto sostenuto dal difensore appellante, che il coinvolgimento del R. emerge con assoluta evidenza dalle intercettazioni riportate nel provvedimento impugnato. In particolare è risultato in contatto con S.S. già dagli inizi di febbraio 2004, allorquando in una serie di conversazioni prendeva appuntamento con lui. Proprio il tenore di tali conversazioni, con continui rimandi ad incontri, induceva la PG ad estendere le operazioni di intercettazioni anche all’utenza del R.. Si registravano, così, contatti dell’imputato con il S. proprio nel periodo in cui quest’ultimo è stato in Spagna per sovraintendere all’operazione di acquisto della droga, parte della quale è stata sequestrata a R.G..
È appena al caso di ribadire che nel corso dei primi contatti il R. chiedeva insistentemente di incontrare il S. per comunicazioni urgenti che non potevano essere riferite per telefono, a dimostrazione quindi della natura illecita del colloquio in parola.
Una natura illecita che si coglie in modo ancora più evidente se si considera la cogenza e la indifferibilità dell’incontro effettivamente avvenuto, in un’area di servizio il 28/2/04.
La mattina successiva, il R. contattava la C.P. e si comprende con apprezzabile chiarezza che questa, come in altre circostanze che hanno portato al suo arresto quale corriere della droga, avrebbe dovuto sulla base di accordi intercorsi la sera precedente con il S. , recarsi a caricare la cocaina (non era ancora acquisita notizia del sequestro della droga a Cassino).
Il tentativo di contatto che la mattina del 29/2/04 il R. operò con la C. non è senza significato: infatti, subito dopo il R. diceva alla donna: ” fra poco vengo da te e ti lascio le chiavi della macchina. Noi ci avviammo…”.
Questa conversazione precede l’accertamento a carico di R. con il conseguente sequestro della droga. Infatti, alle ore 14,16, allorquando vi è già stato l’arresto di quest’ultimo, S. telefonava al R. e gli fissava un appuntamento per le 16:00 e alla precisa domanda se doveva venire anche la ” compagna” ( il riferimento alla C. è pacifico) il S. ormai al corrente del sequestro gli rispondeva di no.
Del resto, riconosciuta la natura illecita dell’incontro e la partecipazione della C. bruscamente interrotta, a seguito del sequestro della partita di stupefacente, in un contesto in cui il R., il S. e la C. sono coinvolti in altre vicende relative alla droga ( la C. fu sorpresa con kilogrammi 14 di cocaina) non pare possa revocarsi in dubbio la riferibilità di quegli incontri proprio ai fatti di cui trattasi, non risultando, peraltro, l’esistenza tra i predetti dei rapporti di affari di natura lecita e risultando viceversa rapporti anche con C., pacificamente coinvolto in questa vicenda, nonchè con Q. , altro corriere arrestato in flagranza di reato.
Non è superfluo aggiungere che anche il R. è stato esattamente individuato dalla PG come interlocutore nelle telefonate prese in considerazione e ciò non solo per il riconoscimento vocale, confermato dalla perizia fonica, ma anche per i continui riferimenti al suo nome di battesimo ed anche per accertamenti di PG, posto che è stato riconosciuto presso l’aeroporto di Capodichino e nella lista passeggeri nel volo E 8370 Napoli – Barcellona, unitamente a S. ed a G.C..
Parimenti infondate sono le censure difensive che riguardano la pronuncia di condanna per la vicenda rubricata sub t).
Invero, pur in assenza del sequestro di cocaina pari a 12 kg, le conversazioni intercettate e riportate alle pagine 206 e segg. dell’impugnata sentenza provano l’avvenuta consegna della suddetta partita di droga, caricata a Roma dalla C., su specifica indicazione del S. e consegnata a Napoli, all’organizzazione facente capo al R.V..
Non è qui il caso di riprodurre l’iter motivazionale seguito dal primo giudice, anche perché al di là delle obiezioni difensive circa l’esatta individuazione del R., obiezioni che sono state già prima confutate non vi sono rilievi e o osservazioni idonee a smentire la portata dei dialoghi captati o ad offrire una interpretazione alternativa a quella del primo giudice, condivisa dalla Corte.
Se poi, la PG non è riuscita a sequestrare il suddetto carico di droga, ciò non inficia neanche sotto il profilo del minimo dubbio, il significato fin troppo evidente dell’illecito traffico.
Prive di ogni pregio, sono le argomentazioni difensive poste a sostegno della richiesta di assoluzione dal reato di cui al capo u) per non aver commesso il fatto.
Al riguardo, è ineccepibilmente provato in atti il trasporto di droga in Italia dalla Spagna ad opera di Q.E. e di C.P.. Costoro avevano cadenzato le rispettive partenze: il primo, giungeva in Italia il 18/4/04, la seconda, il 19/4/04.
Orbene la droga trasportata dal Q. veniva consegnata in parte ( 7 kg) a F.B., come si evince dalle telefonate intercorse tra il Q. e la C. e sul punto la successiva confessione di F.B. nel presente grado di giudizio non offre alcun margine di contestazione.
Altrettanto certo è il carico trasportato dalla C. , pari a kg 14, posto che lo stesso è caduto in sequestro il 14/4/04.
Tali eventi confermano, all’evidenza, ove mai ve ne fosse bisogno, la puntuale precisa interpretazione delle conversazioni intercettate le quali rilevano senza tema di smentita che entrambi i carichi di cocaina sopra indicati erano effettuati per conto del R. , del M. e del S. (cfr le conversazioni tra tutti i predetti e riportate per sintesi alle pag. 217 e segg. dell’l’impugnata sentenza).
Anche i fatti di cui all’imputazione sub v) sono provati in maniera assolutamente granitica ed a tale proposito, ben si rinvia a quanto sopra evidenziato nella posizione del coimputato M.S..
Analogamente, i fatti descritti nei capi d’imputazione sub aa) sono ricostruiti nell’impugnata sentenza alle pagine 261 e segg. , ove si dà atto del sequestro di 10 kg di cocaina e di Euro 17.290,00 rinvenuti nella disponibilità di A.S., il quale, peraltro, all’atto del controllo, esibiva falsi documenti di identità.
Ben si desume dalle intercettazioni sulle utenze esattamente localizzate dagli inquirenti che quella partita di droga era destinata ad essere immessa sul mercato napoletano, ad opera dell’organizzazione capeggiata da R.V. e M.S..
Tutte le fasi che hanno portato al sequestro della droga sono state ricostruite alla stregua delle conversazioni in atti alle pag. 263 e segg. della impugnata sentenza e dimostrano il coinvolgimento dei soggetti innanzi indicati nell’illecito traffico dalla Spagna.
Per quanto riguarda specificamente il R., i dialoghi del 19/10/04 e 20/10/04 con il G. esplicitano l’arrivo dell’imputato in Spagna, le preoccupazioni per un interlocutore che non riescono a contattare. Le successive conversazioni con il M. evidenziano le trattative in corso e l’esito positivo delle stesse, così come i successavi sviluppi fino all’arresto di A.S. in data 29/10/04 (” quello sì è fatto male”) con l’invito a G. a gettare il telefono utilizzato sino a quel momento.
Sicché in definitiva, ogni tentativo di insinuare il dubbio sulla reale portata delle conversazioni intercettate senza, peraltro, fornire spiegazioni alternative a quelle dell’accusa appare fragile ed infruttuosa.
Sul reato associativo, contestato al capo bb) della rubrica, valgono qui le considerazioni ed i rilievi svolti nelle posizione di Musto.
Non può revocarsi il dubbio che tutte le vicende di illecita importazione di droga ascritte al R. siano connotate dall’aggravante dell’ingente quantità.
Basti all’uopo rilevare che la droga di cui trattasi è quantitativamente indicata in misura ben superiore ai 10 kg e quindi rapportabile sicuramente ai termini che la Suprema Corte di Cassazione ha indicato per la configurabilità della circostanza in parola( 2 kg).
Quanto alle ulteriori doglianze relative alla determinazione della pena, ritiene la Corte che l’estrema gravità dei fatti, i suoi plurimi precedenti penali ed il ruolo del R. in tutte le vicende non consentono di ravvisare circostanze favorevoli al prevenuto ed idonee ad essere comparate con le aggravanti.
Ciò nondimeno stima la Corte che la pena di anni 12 di reclusione ed Euro 50.000,00 di multa inflitta dal primo giudice sia effettivamente eccessiva quanto agli aumenti operati per la continuazione, tenuto conto, della commisurazione della pena stessa per altri coimputati in relazione a medesimi fatti.
Ed allora, tenuto conto dei criteri di cui all’articolo 133 c.p. , stima si è quasi la pena di anni 10 di reclusione ed Euro 42.000,00 di multa, cosi determinata: p.b. anni 12 di reclusione ed Euro 50.0, 00 di multa , rapportata al più grave reato sub 1) , aumentata ad anni 12 e mesi sei di reclusione ed Euro 50 2000,00 di multa, per la contestata recidiva, aumentata ex art. 81 c.p., ad anni 14 e mesi sei di reclusione ( sei mesi per ciascuno dei quattro reati) ed Euro 60.000,00 di multa, aumentata ancora ad anni 15 di reclusione ed Euro 63.000,00 per la continuazione con il reato associativo, diminuita infine alla pena indicata per il rito.
Infondate sono infine le generiche censure sulla confisca dei beni mobili ex art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1992, convertito in L. n. 356 del 1992.
In proposito, dalle annotazioni di PG circa l’esito di specifiche indagini delegate dal PM risulta una sostanziale incapacità reddituale in capo a tutti gli imputati e per quel che qui interessa al R. , una incapacità che non giustifica il possesso dei beni mobili caduti in sequestro, né l’imputato ha offerto spiegazioni sulla legittima provenienza di tali beni, di guisa che opera in pieno la presunzione quale presupposto della confisca prevista dalla citata norma.
C.P..
Con l’unico motivo di appello la C. reclama la riduzione della pena.
La doglianza è infondata.
La pena inflitta alla C. è stata determinata titolo di aumento per la continuazione sulla pena erogata alla stessa con sentenza del 29/7/04 per fatti ritenuti più gravi.
Detti aumenti sono proporzionati all’allarmante entità delle vicende contestate, vicende nelle quali la C. aveva il ruolo di corriere della droga per quantitativi certamente ingenti.
Pertanto la sanzione alla stessa inflitta non appare ispirata a criteri di severità ma contenuta nei limiti di un giusto equilibrio valutativo.
Passando all’esame dei motivi di gravame degli imputati che hanno rinunziato parzialmente al gravame , stima, anzitutto la Corte che possono essere concesse ad A.G. ed a C.V. le attenuanti generiche.
Quanto al primo, rileva non solo la giovane età e l’assenza di precedenti penali, ma soprattutto il ruolo di gregario del padre in seno all’associazione ( la qualifica di promotore è stata erroneamente considerata pur in assenza di specifica contestazione).
Analogamente per C. , si ritiene di dover apprezzare l’immunità da precedenti penali e la confessione resa nel corso del presente giudizio.
Tanto premesso, ritiene la Corte che la rinuncia ai motivi principali di gravame, ancorché non possa essere intesa come indice di resipiscenza o di abbandono definitivo degli ambiti criminali in cui sono maturati i delitti per cui è processo, è tuttavia espressione di accettazione delle gravi conseguenze dei fatti delittuosi commessi.
Ciò induce a ridurre, in limiti sia pur contenuti e differenziati per ogni singola posizione, la pena inflitta dal primo giudice.
Ed allora muovendo dalla posizione di C. va in primo luogo confermato il diniego delle attenuanti generiche, posto che il suo ruolo di stabile acquirente di rilevanti partite di droga, eleva il livello del contributo fornito al sodalizio e per di più i suoi precedenti sono indice di negativa personalità che già di per sé osta alla concessione delle invocate attenuanti.
La pena, può essere congruamente determinata nella misura di anni otto di reclusione così determinata: p.b. , rapportata al più grave reato associativo sub r) , anni 10 di reclusione, aumentata per la recidiva ( nei limiti della statuizione del primo giudice) ad anni 10, mesi sei di reclusione, aumentata per la continuazione per i capi d), e), f), g), h) ed i) , ad anni 12 di reclusione, ridotta infine per il rito alla pena indicata.
Residua per l’A. l’ulteriore censura della confisca dei beni e sul punto si dirà in seguito.
Per A.G. cui, per le ragioni anzidette si concedono le attenuanti generiche, pena equa pare quella di anni sei e mesi sei di reclusione, alla quale si perviene, riducendo ad anni nove di reclusione la pena base di anni 10 reclusione, aumentando ad anni nove mesi nove di reclusione per la continuazione ( mesi tre per ogni reato) ed operando, infine, la riduzione di un terzo per il rito.
Quanto a F.B., chiarito che la qualifica di capo promotore non è contestata, ne è presa in considerazione nella determinazione della pena, l’estrema gravità dei fatti, specie sotto l’aspetto afferente l’ingente quantitativo di sostanza stupefacente importata in Italia ( capo u) , legittima il diniego delle attenuanti generiche, mentre la pena va fissata in anni sette e mesi due di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa ( p.b. , per il più grave reato sub u) , anni 10 reclusione ed Euro 50.000,00 di multa, aumentata per la continuazione per il capo bb) di mesi sei di reclusione ed Euro 6000,00 di multa e di mesi tre di reclusione ed Euro 4000,00 di multa per il capo z) e, quindi, ad anni 10 mesi nove di reclusione ed Euro 60.000,00 di multa, ridotta per il rito alla pena indicata).
Per C.F., quanto al diniego delle attenuanti generiche valgono qui le stesse considerazioni svolte per la precedente posizione di F.B., mentre la pena va determinata in anni otto e mesi sei di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa , così determinata:p.b. , per il più grave reato sub) s), doppiamente aggravato dalla circostanza dell’articolo 80 D.P.R. n. 309 del 1990 e da quella dell’art. 112 c.p. anni 12 di reclusione ed Euro 50.000,00 di multa, aumentata per la continuazione per il capo bb) di mesi sei di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa e per il reato sub z) di mesi tre di reclusione ed Euro 4000,00 di multa pervenendo, quindi alla pena di anni 12, mesi nove di reclusione ed Euro 60.000,00 di multa, sulla quale va operata la riduzione di 1/3 per il rito.
Per M.L., già condannato ad anni quattro e mesi otto di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa, con sentenza della Corte di Appello del 18/1/05 per fatti con i quali già il primo giudice ha ravvisato la continuazione, la pena, esclusa la possibilità di concedere le invocate attenuanti generiche per la gravità dei fatti ascrittigli e per i precedenti penali, va congruamente ridotta a complessivi anni nove di reclusione, così determinata : p.b. , rapportata più grave reato sub r) , anni 10 di reclusione, aumentata per la continuazione con gli altri delitti di cui al presente procedimento ad anni 12 e mesi sei di reclusione ( mesi tre per ogni reato) , aumentata ancora ad anni 13 e mesi sei di reclusione per i fatti già giudicati con la richiamata sentenza, ridotta infine alla pena indicata per la scelta del rito.
Anche per la posizione di Q.E. , va considerato la precedente condanna riportata con sentenza del GUP di Napoli del 15/12/05, ( diventata irrevocabile e 13/2/08) alla pena di anni sei di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa.
Su tale pena, confermato il diniego delle attenuanti generiche in ragione della gravità dei fatti ( è uno dei corrieri dell’organizzazione) va operato l’aumento congruo ex art. 81 c.p. di mesi 10 di reclusione ed Euro 5000,00 di multa per il reato sub u) e mesi 10 reclusione ed Euro 5000,00 di multa per il reato sub bb) , aumenti questi, già ridotti per la scelta del rito, pervenendo quindi ad una pena finale di anni sette e mesi otto di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa.
Per C.V., la pena base rapportata al più grave reato associativo di anni 10 di reclusione va ridotta ad anni nove di reclusione, per le attenuanti generiche, concesse in questa sede (v. retro) , quindi aumentata ad anni 10 reclusione per la continuazione ( mesi tre per ogni reato) , ridotto infine per il rito ad anni sei e mesi otto di reclusione.
In merito a S.L., confermato il diniego delle attenuanti generiche per la gravità dei fatti e per la negativa personalità dello stesso, stimasi adeguata la pena di anni sette di reclusione (p.b. , rapportata al più grave reato associativo, anni 10 di reclusione, aumentata ad anni 10 e mesi sei di reclusione per la continuazione per i capi n) ed o) ( mesi tre ciascuno) ridotta, infine, alla pena indicata per il rito.
A S.S., non possono essere concesse le invocate attenuanti generiche per l’estrema gravità dei fatti, per il ruolo di spicco nell’ambito dell’associazione e per la sua pessima personalità quale emerge dai plurimi precedenti penali.
Tuttavia, ritiene la Corte di poter escludere gli effetti della recidiva per adeguare la pena al fatto ed al nuovo atteggiamento processuale dell’imputato.
Pertanto, pena equa stimasi quella di anni otto, mesi sei di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa (p.b. , rapportata al più grave delitto sub u) , anni 11 di reclusione ed Euro 45.000,00 di multa, aumentata nella continuazione con i capi s), t), u), v), z) ed aa) ad anni 12, mesi tre di reclusione ed Euro 55.000,00 di multa , aumentata ancora, per la continuazione con il reato associativo ad anni 12, mesi nove di reclusione ed Euro 60.000,00 di multa, ridotta infine alla pena indicata per il rito).
Analogamente va confermato il diniego delle attenuanti generiche per D.A., attesa la gravità dei fatti ascrittigli, mentre la pena inflitta dal primo giudice può essere ridotta ad anni sette di reclusione (p.b. , rapportata al più grave reato sub r) , anni dieci di reclusione, aumentata ad anni 10 e mesi sei per la continuazione, ridotta infine, per il rito alla pena indicata.
Quanto a G.G. va preliminarmente pronunciato assoluzione dello stesso dal capo 1) per non aver commesso il fatto ed all’uopo corre l’obbligo di rilevare che i fatti ivi rubricati non sono contestati al G. , sicché la condanna ad opera del primo giudice è intervenuta evidentemente per mero errore.
Ciò premesso, ritiene la Corte di poter rideterminare la pena, con le attenuanti generiche già concesse in misura equivalente rispetto all’aggravante, in anni otto mesi due di reclusione (p.b. , rapportata più grave reato sub r), anni 10 reclusione, aumentata nella continuazione ad anni 12 e mesi tre di reclusione ( tre mesi per ogni reato), ridotta alla pena indicata per il rito.
In ultimo, vi è la posizione di F.M., a cui ritiene la Corte , fermo restando il giudizio di equivalenza delle già concesse attenuanti generiche, di ridurre la pena ad anni sette e mesi otto di reclusione (p.b., rapportata più grave reato sub r) , anni 10 reclusione, aumentata ad anni 11 e mesi sei di reclusione , mesi tre per ciascun reato, ridotta la pena indicata per il rito).
Ultima questione, posta nell’interesse di A.C. e di A.G. concerne la confisca dei beni di cui il difensore appellante reclama la revoca.
La censura è infondata.
Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inutilizzabilità di tutti gli atti posti a corredo del decreto di sequestro preventivo in quanto, a dire della difesa, esperiti oltre i termini di scadenza delle indagini e quindi in violazione della disciplina di cui al combinato disposto degli artt. 405, co. 2 e 407 co. 2 n. 6 del codice di rito.
La questione è priva di pregio tenuto conto, alla stregua di consolidata e pacifica giurisprudenza della Suprema Corte , che ai fini dell’adozione di un provvedimento di sequestro preventivo (nel caso di specie, funzionale alla confisca di cui all’art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1992) sono utilizzabili gli accertamenti patrimoniali finalizzati ad individuare i beni da sottoporre al vincolo di indisponibilità, anche se espletati in epoca successiva alla scadenza dei termini delle indagini preliminari (cfr. Cass. 17252/2010; Cass. 35376/2008 ex coeteris).
Per il resto, quanto alla contestata adozione del provvedimento di confisca, appare opportuno ribadire in premessa i principi che sono alla base della citata norma di cui all’art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1992. E’noto che la finalità precipua sottesa alla sua previsione sia quella di eliminare dal circuito ecconomico beni in disponibilità di soggetti inseriti o collegati a vario titolo con organizzazioni criminali di stampo mafioso ovvero dediti alla commissione di gravi reati di aggressione del patrimonio altrui ovvero al traffico di droga, caratterizzati da presunta illecita acquisizione, onde impedire la riproducibilità, mediante uso diretto o reinvestimento dei medesimi, di ricchezza “inquinata” all’origine, di guisa che detti beni, in quanto assoggettabili a confisca obbligatoria, si connotano per l’intrinseca e oggettiva pericolosità, non essendo necessaria alcuna prognosi di pericolosità connessa alla libera disponibilità degli stessi (cfr. Cass. sez. I. 21 luglio ’93, Cassanelli). La confisca ex art. 12-sexies L. n. 356 del 1992 presenta struttura e presupposti diversi dall’istituto generale previsto dall’art. 240 c.p., giacché il necessario vincolo di pertinenzialità tra cose e reato, posto a fondamento della confisca “ordinaria”, non rileva ai fini della confisca de qua, assumendo un determinato bene ed un certo reato, ma il ben diverso nesso che si stabilisce tra il patrimonio ingiustificato e la persona nei confronti della quale sia stata pronunciata condanna o disposta l’applicazione della pena.
Ai fini della confisca ex art. 12-sexies, quindi, è necessario e sufficiente il fatto che il soggetto sia titolare – o abbia la disponibilità a qualsiasi titolo, anche mediante interposizione di persona – di un determinato bene; che questo sia di valore sproporzionato (per eccesso) rispetto al reddito imponibile o all’attività economica esercitata; che egli non fornisca giustificazione plausibile della lecita provenienza del bene stesso o dei mezzi impiegati per l’acquisto (Cass., sez. I, 18.6-28.10.2003, Tanzarella).
Quindi, per disporre l’anzidetta confisca non occorre accertare l’esistenza di un rapporto di pertinenzialità del bene da confiscare con uno dei reati indicati in tali disposizioni o, più genericamente, con un’attività delittuosa della persona condannata.
La confisca non deve riguardare esclusivamente i beni acquistati in un determinato periodo di tempo, prossimo alla commissione del reato.
La confisca va disposta quando sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il valore dei beni ed il reddito dichiarato o i proventi dell’attività economica del condannato al momento dell’acquisto, e non risulti una giustificazione credibile circa la loro provenienza (per tutte, Cassazione penale , sez. Il, 26 febbraio 2009, n. 10549; Cassazione penale , sez. I, 15 gennaio 2009, n. 8404; Cass., Su., 17.12.2003-19.1.2004, n. 920. Montella).
Orbene, nel caso di specie, dagli accertamenti di p.g. risulta che tanto A.C. quanto A.G. non svolgono attività lavorativa lecita e non hanno mai presentato dichiarazione dei redditi né la difesa ha mai offerto un principio di prova del contrario.
Ne deriva che la mancanza di disponibilità economica dei due indagati, rilevabile appunto dai dati emergenti dai precisi accertamenti di p.g., sono assai eloquenti circa l’illecita provenienza del danaro e degli altri beni trovati in loro possesso, il che integra senz’altro l’ipotesi di cui alla norma suddetta essendo intervenuta condanna per i reati contestati.
La conferma della sentenza impugnata nei confronti di C.P., G.M.,, Ma.G. e M.S. comporta la condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali del presente grado.
Non è superfluo aggiungere, per tutti gli imputati ed a confutazione di quanto sostenuto nell’atto di appello, che la misura di sicurezza della libertà vigilata consegue per legge in ragione della tipologia di reati e delle entità delle pene riportate.
La complessità del processo per numero di imputati e di imputazioni, legittima il termine di 90 giorni per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
IV SEZIONE PENALE
Visto gli artt. 605 c.p.p., decidendo sull’appello avverso la sentenza del GIP del Tribunale di Napoli in data 8.7.2010 , proposto dagli imputati A.C. , A.G., C.F., C.P., C.V., D.A., F.M., F.B. , G.M., G.G. , M.L., Ma.G., M.S. , Q.E. , R.V. , S.L. e S.S. così provvede
Assolve G.G. dal reato ascrittogli al capo L) per non aver commesso il fatto e ridetermina la pena in anni otto e mesi due di reclusione ;
Ridetermina inoltre la pena :
per A.C. in anni otto di reclusione;
per A.G. , concesse le attenuanti generiche ed esclusa la qualifica di promotore , in anni sei e mesi sei di reclusione ;
per C.F. in anni otto e mesi sei di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa ;
per C.V. in anni sei e mesi otto di reclusione ;
per D.A. in anni sette di reclusione;
per F.M. in anni sette e mesi otto di reclusione;
per F.B. , esclusa la qualifica di promotore , in anni sette e mesi due di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa;
per M.L. in anni nove di reclusione;
per Q.E. in complessivi anni sette e mesi otto di reclusione ed Euro 30,0, 00 di multa ;
per R.V. in anni dieci di reclusione ed Euro 42.000,00 di multa;
per S.L. in anni sette di reclusione;
per S.S. , esclusa la contestata recidiva, in anni otto e mesi sei di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa.
Conferma nel resto e condanna C.P., G.M., Ma.G. e M.S. al pagamento delle spese processuali del presente grado
Fissa in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione sospendendo per tale periodo i termini di custodia cautelare.
Depositata in Cancelleria il 31 dicembre 2012.