Corte Suprema di Cassazione – Sezione Tributaria – sentenza del 11/06/2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
P.M., P.D. e P.V., elettivamente domiciliati in Roma Lungotevere dei Mellini 17, presso lo studio dell’Avvocato Oreste Cantillo, e rappresentati e difesi dall’Avv.to CARNAGGIO RENATO in forza di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ex lege;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 95/01/2008 della Commissione Tributaria regionale della Basilicata, depositata il 5/08/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’11/06/2014 dal Consigliere Dott. Giulia Iofrida;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
P.M., P.D. e P.V. propongono ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Basilicata n. 95/01/2008, depositata in data 5/08/2008, con la quale – in una controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso, in relazione a maggiore IRPEF riguardante l’anno d’imposta 1998, a seguito di recupero a tassazione della plusvalenza conseguente alla vendita, realizzata con due distinti atti notarili, di alcuni terreni edificatori di cui erano camproprietari – è stato dichiarato inammissibile l’appello cumulativamente e collettivamente proposto dai P. avverso le decisioni nn. 262, 263 e 264/01/2006 della Commissione Tributaria Provinciale di Potenza, che avevano respinto i separati ricorsi dei contribuenti.
I giudici d’appello rilevarono, in particolare, che, nella specie, gli appellanti erano persone fisiche diverse, cosicchè non vi era il presupposto dell’identità delle parti a giustificare l’ammissibilità dell’appello cumulativo.
I ricorrenti lamentano: 1) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 156 c.p.c., applicabile al processo tributario D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 1, comma 2, essendo, nella specie, l’appello cumulativo proposto idoneo allo scopo di rendere noto alla controparte la volontà di impugnare le decisioni sfavorevoli ai tre contribuenti; 2) con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29, norma secondo la quale è obbligatoria nel processo tributario la riunione dei ricorsi aventi lo stesso oggetto o connessi per identità di petitutm e di causae petendi, al fine di evitare giudicati contraddittori; 3) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18 c.u., e art. 27, avendo i giudici dichiarato inammissibile l’appello, in mancanza di una espressa previsione legislativa in tal senso; 4) con il quarto motivo, l’insufficiente e contraddittoria motivazione su punti fondamentali della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 5, essendosi limitata la sentenza a riportare in motivazione un unico precedente giurisprudenziale. Il terzo motivo è fondato.
Con esso i ricorrenti germani P. lamentano che i giudici di appello abbiano dichiarato inammissibile, pur in assenza di una espressa previsione legislativa, l’appello da essi collettivamente proposto, con unico atto, avverso distinte pronunce di primo grado, tutte decise e depositate dalla stessa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, in controversia riguardante le impugnazioni, rimaste separate in primo grado, di avvisi di accertamento emessi per maggiore IRPEF dovuta e non versata nell’anno 1998, scaturente dalla tassazione separata delle plusvalenze realizzate per effetto della vendita di alcuni terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, di cui i contribuenti erano comproprietari. I giudici d’appello, senza esaminare il merito, hanno, in effetti, preliminarmente dichiarato inammissibile l’impugnazione collettiva-cumulativa (promossa da più soggetti ed avverso diverse sentenze), stante la tassatività e specificità dei mezzi di impugnazione, evidenziando come, nella fattispecie, difettasse anche il requisito dell’identità delle parti.
Occorre osservare che – superando la precedente opposta impostazione ~ la giurisprudenza di questa Corte è consolidatamente pervenuta al convincimento che, nel rispetto dei prescritti requisiti formali e sostanziali e dei termini di legge, è possibile impugnare con un unico atto più sentenze o provvedimenti autonomi, purchè le sentenze o le altre decisioni siano pronunciate fra le medesime parti (Cass. 267/1981; Cass. 456/1988; Cass. 4445/1997) ed abbiano ad oggetto identiche questioni di diritto (Cass. S.U. 4445/1997; Cass. 5105/1994, Cass. 11503/2003, Cass. 7191/2004, Cass.309/2006, tutte rese in materia tributaria). Con specifico riferimento al contenzioso tributario, il principio è stato, peraltro, sancito dalle Sezioni Unite, che hanno ritenuto ammissibile, “fermi restando gli eventuali obblighi tributari” dei ricorrenti, in relazione al numero di sentenze impugnate, l’impugnazione cumulativa avverso più sentenze emesse tra le stesse parti, sulla base della medesima “ratio”, in procedimenti formalmente distinti, ma attinenti al medesimo rapporto giuridico d’imposta, pur se riferiti a diverse annualità, nell’ipotesi in cui i medesimi dipendano per intero dalla soluzione di una identica questione di diritto, comune a tutte le cause, suscettibile di dar vita ad un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le cause relative al medesimo rapporto d’imposta (v. Cass. S.U. 16-2-2009 n. 3692).
Nel contempo, si è ribadito che “nel processo tributario, non è ammissibile la proposizione di un ricorso collettivo (proposto da più parti) e cumulativo (proposto nei confronti di più atti impugnabili) da parte di una pluralità di contribuenti titolari di distinti rapporti giuridici d’imposta, ancorchè gli stessi muovano identiche contestazioni” (Cass. 30 aprile 2010 n. 10578; Cass. 30 giugno 2010 n. 15582; Cass. 14823/2006; Cass. 19950/2005; Cass. 17835/2004; Cass. n. 11503 del 2003).
Tuttavia, con riguardo al ricorso di primo grado, introduttivo del giudizio, con recente pronuncia (Cass.4490/2013), questa Corte ha ritenuto ammissibile, nel giudizio tributario, la proposizione di un ricorso congiunto da parte di più soggetti, anche se in relazione a distinte cartelle di pagamento, ove l’impugnativa abbia ad oggetto identiche questioni dalla cui soluzione dipenda la decisione della causa (e in applicazione del principio, ha ritenuto ammissibile un ricorso collettivo e cumulativo, avverso differenti atti impositivi emessi a carico di distinti proprietari di immobili).
A tale conclusione la decisione perviene sul presupposto dell’applicabilità al processo tributario (stante il rinvio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2) dell’art. 103 c.p.c., per il quale “più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto o per il titolo dal quale dipendono oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente dalla risoluzione di identiche questioni”, così da ritenere legittimo il ricorso congiunto proposto da più contribuenti, anche se in relazione a distinte cartelle di pagamento, ove abbia ad oggetto “identiche questioni dalla cui soluzione dipenda la decisione della causa”.
Ad avviso del collegio non vi è ragione per escludere l’applicabilità del principio anche in rapporto al secondo grado del giudizio tributario. In forza della previsione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, e art. 1, comma 2, alle impugnazioni delle sentenze delle Commissioni tributarie si applica, infatti, il disposto dell’art. 359 c.p.c., secondo cui “nei procedimenti d’appello dinanzi alla corte o al tribunale si osservano, in quanto applicabili, le norme dettate per il procedimento di primo grado”, purchè non siano incompatibili con le disposizioni proprie del giudizio di impugnazione.
Ora, le disposizioni degli artt. 103 e 104 c.p.c., sono collocate tra i precetti generali del 1 Libro e sono quindi tendenzialmente applicabili, salvo norme di segno contrario, all’intero svolgimento del processo e dunque anche al giudizio di impugnazione (cfr. Cass. 11609/2005, nella quale, proprio con richiamo all’art. 103 c.p.c., ed al litisconsorzio facoltativo proprio ed improprio, ivi contemplato, si è affermato che più parti, come possono promuovere il giudizio con unico atto di citazione, possono validamente appellare con unico atto di gravame la sentenza di primo grado).
Ad avviso di questo Collegio, non costituiscono ostacolo all’applicazione al giudizio tributario di impugnazionedell’art. 103 c.p.c., (ipotesi che qui, in particolare, rileva, trattandosi di appello c.d. collettivo-cumulativo) gli artt. 335 e 350 c.p.c., che espressamente contemplano l’obbligatorietà della riunione delle impugnazioni proposte “contro la stessa sentenza”, in quanto già tali norme sono state interpretate in senso estensivo, essendo comunque riconosciuta al giudice la facoltà di disporre la riunione delle impugnazioni proposte contro diverse sentenze, pronunciate contro le medesime parti in relazione a ragioni di unitarietà sostanziale e processuale della controversia (Cass. 21349/2004).
Inoltre, lo stesso art. 103 c.p.c., nel disciplinare il litisconsorzio facoltativo iniziale, ad iniziativa di parte, per connessione oggettiva, propria, per oggetto o per titolo, ed impropria, per identità delle questioni trattate, espressamente lascia salvo, al secondo comma, il potere discrezionale del giudice di disporre la separazione delle cause, quando la loro decisione congiunta ne ritarderebbe o renderebbe più gravoso lo svolgimento.
11 che dimostra, altresì, come l’iniziativa di parte (di promuovere un unico giudizio avente ad oggetto più domande) ed il potere discrezionale del giudice (di riunire o di separare i giudizi), tanto in primo grado quanto in sede di impugnazione, non sono in antitesi tra loro, perseguendo la medesima ratio: l’evitare il formarsi di giudicati anche solo logicamente contraddittori, unitamente all’economia di attività processuale.
Ragioni di economicità dei giudizi e, soprattutto, di coerenza degli stessi (evitare possibili conflitti di giudicati), alla base dello svolgimento del simultaneus processus, nonchè la mancanza di un’espressa previsione legislativa contraria depongono dunque a favore dell’ammissibilità dell’impugnazione cumulativa-collettiva, in presenza tuttavia di elementi di consistente connessione, che, benchè solo oggettiva, sia riflesso dello stretto collegamento esistente tra le pretese impositive sottostanti alle diverse sentenze impugnate; e ferma, in ogni caso, la possibilità per il giudice di separare i ricorsi, nell’eventualità in cui l’impugnazione cumulata dovesse rallentare o rendere più gravoso il processo.
Nella fattispecie, le sentenze appellate erano relative ad autonomi procedimenti (in quanto, come riportato in ricorso e non contestato dalla contro ricorrente, il giudice di primo grado aveva omesso di provvedere sull’istanza di riunione dei contribuenti ricorrenti). Si trattava, tuttavia, dell’impugnazione di atti impositivi, concernenti sì la rettifica del reddito personale, di più persone fisiche, ma tutti emessi in relazione a plusvalenze realizzate dalla vendita di terreni edificatori in comproprietà dei tre contribuenti, con conseguente identità dei presupposti impositivi e delle questioni di diritto trattate. Gli altri motivi sono assorbiti.
Per tutto quanto sopra esposto, accolto il ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al terzo motivo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio,’ anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata.
Così deciso in Roma, il 11 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2014