Le espressioni offensive devono essere cancellate dagli atti difensivi in quanto contrarie al dovere di lealtà e probità
[massima]
Recente pronuncia della Cassazione (Cassazione civile sez. III del 27 giugno 2011 n. 14112) in materia di “comportamento dei difensori”. In particolare, si affronta il caso in cui sono stati usati negli scritti difensivi delle espressioni offensive o sconvenienti.
In materia, il nostro codice di procedura civile afferma:
Articolo 88 – Dovere di lealtà e di probità.
[I]. Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità.
[II]. In caso di mancanza dei difensori a tale dovere, il giudice deve riferirne alle autorità che esercitano il potere disciplinare su di essi.
Articolo 89 – Espressioni sconvenienti od offensive.
[I]. Negli scritti presentati e nei discorsi pronunciati davanti al giudice, le parti e i loro difensori non debbono usare espressioni sconvenienti od offensive.
[II]. Il giudice, in ogni stato dell’istruzione, può disporre con ordinanza che si cancellino le espressioni sconvenienti od offensive, e, con la sentenza che decide la causa, può inoltre assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno anche non patrimoniale sofferto, quando le espressioni offensive non riguardano l’oggetto della causa.
Nel caso di specie, la Cassazione afferma che l’apprezzamento circa l’effettivo rapporto delle frasi offensive e l’oggetto della causa è rimesso alla valutazione del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità.
Nello specifico, la Cassazione afferma che l’espressione “è tale l’ignoranza” deve essere cancellata dagli scritti difensivi, in quanto è evidentemente un’espressione sconveniente che lede l’immagine del difensore avversario e ha come unica funzione quella di screditare il comportamento di quest’ultimo.