Legittimo il ricorso in Cassazione al sol fine di rimettere la querela

Tag 21 Novembre 2013  |

 

[massima]

In linea con quanto stabilito dall’art. 152 co. terzo c.p., laddove si afferma che “la remissione può intervenire solo prima della condanna, salvi i casi per i quali la legge disponga altrimenti“, la Corte afferma l’importanza social-giuridica dell’istituto della remissione di querela.

La corte afferma che deve ritenersi legittimo il ricorso per cassazione proposto, dopo la sentenza impugnata e prima della scadenza del termine per la presentazione dell’impugnazione, al solo fine di introdurre nel processo la remissione della querela.

In esito la Corte pronuncia l’estinzione del reato per effetto dell’intervenuta remissione.

La soluzione è evidentemente in linea con la pronuncia del 2004, in cui le Sezioni Unite affermavano che la remissione della querela intervenuta successivamente ad un ricorso inammissibile, purchè proposto nei termini indicati dall’art. 585 c.p.p., determina l’estinzione del reato per tale causa (SU sent. 24246 del 25.2 – 27.5.2004 in proc. Chiasserini).

 

 

[fattoediritto]

Cassazione penale sez. VI del 13 gennaio 2011 n. 2248

1. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce, che in data 10 – 20.5.2010 confermava la condanna inflitta il 21.11.2007 a C. C. dal Tribunale di Lecce/Tricase, per il reato di cui agli artt. 81 e 393 c.p. consumato il 26.2.2004, nell’interesse dell’imputato ricorre per cassazione il difensore fiduciario, con unico motivo rappresentando e documentando che dopo la deliberazione della sentenza d’appello e prima del decorso del termine per la proposizione del ricorso è intervenuta la remissione della querela che aveva dato origine al processo, con contestuale accettazione, chiedendo quindi l’estinzione del reato per la sopravvenuta mancanza della condizione di procedibilità.

2. il caso all’esame della Corte pone due questioni di diritto connesse:

– se sia ammissibile un ricorso tempestivo che nessuna censura rivolga alla sentenza precedente, richiedendo una modifica della statuizione solo sulla base di una sopravvenuta rituale remissione della querela;

– se tale remissione di querela, intervenuta tra la deliberazione della sentenza d’appello e la scadenza del termine per impugnare davanti alla corte di cassazione, renda per sè utilmente dichiarabile l’intervenuta estinzione del reato.

2.1 La soluzione positiva ad entrambe le questioni risulta imposta dalle argomentazioni che hanno condotto le Sezioni unite di questa Corte suprema all’insegnamento per cui la remissione della querela intervenuta successivamente ad un ricorso inammissibile, purchè proposto nei termini indicati dall’art. 585 c.p.p., determina l’estinzione del reato per tale causa (SU sent. 24246 del 25.2 – 27.5.2004 in proc. Chiasserini).

Se infatti i casi concreti sono diversi – lì un ricorso tempestivo ma originariamente inammissibile e la sopravvenuta remissione, qui un ricorso proposto tempestivamente dopo la remissione, che pertanto non è sopravvenuta ma preesiste al ricorso; lì il ricorso “attaccava” la sentenza, sia pure con motivi inammissibili, qui il ricorso costituisce esclusivamente il mezzo per introdurre nel processo, dopo la sentenza conclusiva del merito e prima della scadenza del termine per impugnare, la causa estintiva – tuttavia le ragioni che hanno condotto le Sezioni unite ad evidenziare la peculiarità della causa estintiva della remissione della querela, in ragione soprattutto della disciplina sostanziale specifica data dall’art. 152 c.p., comma 3, non possono che estendere la loro rilevanza ed efficacia anche al nostro caso.

Le Sezioni unite hanno infatti evidenziato che la soluzione peculiare per questa causa estintiva prescinde da modelli interpretativi di diritto processuale – che, invece, altrimenti giustificano una disciplina uniforme delle cause di estinzione a fronte dell’inammissibilità dell’impugnazione dovendo invece essere coordinata con i precetti di diritto sostanziale (in particolare il richiamato art. 152 c.p., comma 3), che impongono di ritenere che “solo la scadenza del termine per impugnare precluda l’applicazione di tale causa estintiva”, determinando il giudicato formale, ex art. 648 c.p.p., comma 2. In particolare, “l’espressione ‘condannà – contenuta nell’art. 152 c.p., comma 3 – viene adottata, di norma, nel codice penale sostanziale sempre nel senso di condanna irrevocabile coincidente con la formazione del giudicato formale”. Anche sul piano logico sistematico, “il fondamento politico-criminale della remissione è omogeneo e speculare a quello della querela, rappresentando l’espressione di un diritto potestativo, esercitatile, ovviamente, dopo l’esercizio del diritto di querela, volto ad estinguere gli effetti della condizione di procedibilità già azionata”. La “natura di istituto di diritto sostanziale”, riconoscibile alla remissione della querela, le assegna quindi – rispetto alle altre cause estintive – quella “specificità” “da ricollegare direttamente all’effetto estintivo che essa è in grado di produrre … collegandosi direttamente all’esercizio dell’azione penale in forza dell’esercizio di un diritto potestativo del querelante, diretto, attraverso un contrarius actus, a porre nel nulla la condizione per l’inizio dell’azione penale. Donde la necessità di attribuire alla voluntas del remittente la massima valenza sul piano del possibile giuridico”.

2.2 Ora, se la commentata e ritenuta peculiarità della remissione della querela – quale causa estintiva che si ricollega direttamente alla contraria ed originaria volontà che, indispensabile ed unica ragione sistematica, ha dato causa all’azione penale nella fattispecie concreta – può operare fino al giudicato formale (la “condanna” di cui all’art. 152 c.p., comma 3), così superando l’irregolarità del ricorso che sia però tempestivo, certamente essa non può che operare anche in precedenza, ed in particolare quando il termine per impugnare non sia ancora scaduto.

In tale evenienza allora – in parallela eccezione al principio generale per il quale il ricorso che non contenga censure alla decisione che lo precede è una “non impugnazione” (o “impugnazione apparente”) e, quindi, necessariamente inammissibile perchè intrinsecamente inidoneo ad introdurre il segmento processuale successivo, che è, appunto e solo, giudizio di impugnazione – deve anche concludersi che sia ammissibile il ricorso proposto, nei termini, al solo fine di dare ingresso e rilievo a tale sopravvenuta e specifica causa di estinzione del reato, non essendosi ancora perfezionato il giudicato formale e quindi la “condanna” di cui all’art. 152 c.p., comma 3.

Del resto, la previsione del capoverso dell’art. 609 c.p., laddove prevede che la corte di cassazione decida anche le questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello, finisce con il costituire la base sistematica per dare rilievo a “fatti” giuridicamente “assorbenti” che siano sopravvenuti non solo al termine per la proposizione dell’appello ma pure alla stessa sentenza di secondo grado, e tuttavia prima della formazione preclusiva del giudicato formale con il decorso vano dei termini di impugnazione (in tal senso Sez. 5, sent. 31911 del 16.3 – 27.8.2001 in un caso di abrogazione del reato dopo la sentenza che chiude la fase di merito e prima della scadenza del termine di impugnazione: è significativo che nella motivazione di questa sentenza la Corte, sia pure a solo titolo esemplificativo e quindi con obiter dictum, abbia richiamato proprio il caso della remissione di querela che intervenga prima del passaggio in giudicato della sentenza di merito).

Devono pertanto affermarsi questi due principi di diritto:

– è ammissibile il ricorso proposto al solo fine di introdurre nel processo la remissione della querela, ritualmente accettata, intervenuta dopo la sentenza che chiude il giudizio di merito e prima della scadenza del termine per l’impugnazione;

– la remissione della querela, ritualmente accettata, intervenuta dopo la sentenza che chiude il giudizio di merito e prima della scadenza del termine per l’impugnazione estingue il reato.

2.3 A quanto argomentato consegue l’accoglimento del ricorso e l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perchè il reato è estinto per remissione della querela.

Il ricorrente, querelato, va condannato al pagamento delle spese processuali, non essendosi diversamente convenuto nell’atto di remissione (art. 340 c.p.p., comma 4).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per remissione della querela.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2011

 

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