Individuazione fotografica valida solo se il soggetto identificante è certo
[intestaz]
Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-11-2012) 20-12-2012, n. 49758
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE ROBERTO Giovann – Presidente –
Dott. CORTESE Arturo – Consigliere –
Dott. CARCANO Domenic – Consigliere –
Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere –
Dott. PATERNO’ RADDUSA B. – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) A.B. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 5177/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del 23/11/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. BENEDETTO PATERNO’ RADDUSA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Montagna Alfredo che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN
[fatto]
1. A.K.B. è stato condannato in sede di abbreviato dal Gup presso il Tribunale di Pavia ad anni otto di reclusione per due diverse ipotesi di rapina aggravata e per porto illegale in luogo pubblico di arma comune da sparo. Interposto appello, la Corte di appello di Milano, riformava parzialmente la sentenza di primo grado, assolvendo l’imputato per il reato legato al porto illegale d’arma e riducendo la pena ad anni sei di reclusione.
Proposto ricorso in Cassazione, la Corte annullava la decisione per motivi di rito e disponeva il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano. In sede di rinvio la Corte di Appello di Milano, confermato il giudizio di responsabilità per le due rapine, assolveva nuovamente l’imputato quanto al reato legato al porto illegale di arma e rideterminava la pena in anni quattro e mesi sei di reclusione per le due rapine in ordine alla quali confermava il giudizio di responsabilità in precedenza espresso.
2. Le due sentenze di condanna quanto alle rapine trovano fondamento nel medesimo percorso logico motivazionale. In particolare i Giudici del merito hanno ritenuto fondata la responsabilità per entrambe i fatti ascritti all’imputato in presenza di indizi ritenuti gravi, precisi e concordanti siccome desunti, primariamente, dalle denunzie delle persone offese e dalle individuazioni fotografiche rese da queste nel corso delle indagini di PG – in esito alle quali veniva individuato nell’imputato l’autore del reato pur senza una assoluta certezza quanto alla identificazione dello stesso – integrate dalle comuni circostanze afferenti luogo e modalità esecutive delle rapine ed ancora dalla accertata presenza dell’imputato sui medesimi luoghi, in un orario notturno analogo a quello di successiva esecuzione delle rapine, qualche giorno prima dei fatti oggetto del processo, presenza attestata da un controllo effettuato dalla PG. 3. Avverso la sentenza resa dalla Corte di appello di Milano in sede di rinvio ha nuovamente proposto ricorso in cassazione la difesa dell’ A., all’uopo deducendo due diversi motivi.
3.1 Con il primo motivo viene dedotta violazione di legge avuto riguardo al disposto di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3, nonchè motivazione illogica e carente. La decisione assunta, diversamente dal comune intendimento espresso da entrambe i giudici di merito, riposa, secondo la difesa, su un substrato indiziario sfornito dei requisiti della gravità, concordanza e precisione, tale comunque da non superare il ragionevole dubbio utile a giustificare la diversa soluzione della assoluzione ex art. 530 c.p.p., comma 2. In particolare, le due individuazioni fotografiche, proprio perchè ritenute pacificamente non tali da determinare con certezza la identificazione dell’imputato nell’autore di entrambe le rapine in contestazione, non assumevano il valore di prova e davano conto, in ragione della incertezza che le connotava, del ragionevole dubbio utile a motivare l’assoluzione. Del pari, le dichiarazioni delle persone offese in punto alla descrizione del soggetto che, secondo la prospettazione accusatoria, avrebbe rivestito il ruolo di poi ascritto all’imputato, non erano in parte qua sovrapponibili, giacchè divergevano per l’indicazione dell’altezza, i capelli e la presenza di un neo, segnalato da una vittima ma non anche dall’altra.
A fronte della palesata incapacità della individuazione fotografica a sostenere l’impianto accusatorio, non poteva poi richiamarsi la sostanziale analogia quanto alle modalità di esecuzione dei due diversi fatti, circostanza indiziaria che presuppone prima, sul piano logico-l’attribuzione certa di uno degli accadimenti all’imputato per poi attribuire per tale via anche l’altro allo stesso soggetto. Da ultimo, il dato indiziario legato al controllo operato qualche giorno prima rispetto alla prima rapina doveva ritenersi neutro sul pano indiziario in considerazione del fatto che nell’occasione non vennero rinvenuti armi, strumenti atti all’offesa, indumenti per il travisamento, in genere possibili momenti di collegamento in punto agli episodi riscontrati qualche giorno prima.
3.2 Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione di legge e mancanza di motivazione avuto riguardo alla denegata concessione delle attenuanti generiche. La Corte territoriale, dichiarando espressamente che l’imputato era soggetto privo di lavoro lecito, aveva del tutto trascurato l’intera documentazione allegata in appello attestante che lo stesso da tempo aveva stabile domicilio e lavoro in Italia a far data dalla scarcerazione, intervenuta successivamente all’annullamento con rinvio. La motivazione sarebbe altresì mancante perchè la Corte non ha dato conto del comportamento tenuto dal ricorrente dopo la scarcerazione ; contraria al tenore dell’art 62 bis c.p. nella parte in cui viene affermato che le circostanze di riferimento utili al riconoscimento delle generiche vanno rintracciate al di fuori dal disposto di cui all’art. 133 c.p.;
erronea perchè la gravità del fatto in se da sola non potrebbe giustificare in radice la reiezione delle generiche e perchè, se considerata per determinare la pena base, non può di poi essere nuovamente considerata per valutare l’applicazione delle generiche;
illogica nella parte in cui subordina il riconoscimento delle generiche ad una manifestazione di resipiscenza nella specie non mostrata dall’imputato; priva di motivazione perchè non spiega la ragione della affermata indifferenza della incensuratezza dell’imputato.
[diritto]
4. Il ricorso merita l’accoglimento in considerazione della riscontrata fondatezza del primo motivo all’uopo articolato e per l’effetto giustifica l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuova delibazione ad altra sezione della medesima Corte distrettuale.
5. Il giudizio di responsabilità ascritto all’imputato in relazione alle due ipotesi di rapina contestate, avvinte dalla riscontrata continuazione, non trova adeguato supporto nel percorso motivazionale seguito dalla Corte distrettuale, tracciato in termini non esattamente corrispondenti ad una corretta applicazione ai criteri di valutazione della prova imposti dall’art 192 c.p.p., comma 1. Nella specie, entrambe le decisioni di merito, la prima richiamata in via di integrazione dalla seconda, riposano su una valutazione indiziaria immediatamente correlata, in primo luogo, all’esito delle individuazioni fotografiche rese dalla vittime delle due rapine per come integrate e supportate dalle denunzie all’uopo presentate dalle medesime persone ed ancora dalle modalità di accadimento dei fatti, dal luogo e dal momento di esecuzione delle condotte, tutti dati, questi ultimi, caratterizzati da forti elementi di comunanza ;
infine, si fondano anche sul contegno dell’imputato, che, fermato qualche giorno prima dei fatti, nei pressi del luogo di esecuzione delle rapine e in un orario sostanzialmente identico a quello di futura realizzazione delle stesse, ha fornito, prima del giudizio e poi dinanzi al giudice dell’abbreviato, ragioni contrastanti atte a giustificare la presenza sul luogo.
6. Questo il materiale indiziario sul quale viene a declinarsi il percorso motivazionale oggetto di contestazione, giova subito ribadire che nel giudizio di legittimità il sindacato sulla correttezza del procedimento indiziario seguito dal giudice del merito non può consistere nella rivalutazione della gravità, della precisione e della concordanza degli indizi, in quanto ciò comporterebbe inevitabilmente apprezzamenti estranei al vaglio ascritto alla Corte; piuttosto, il sindacato di pertinenza della Corte deve tradursi nel controllo logico e giuridico della struttura della motivazione, al fine di verificare se sia stata data esatta applicazione ai criteri legali dettati dall’art. 192 cod. proc. pen., comma 2, e se siano state coerentemente applicate le regole della logica nell’interpretazione dei risultati probatori (così, tra le tante, Sez. 1, Sentenza n. 42993 del 25/09/2008, Rv. 241826).
Occorre, dunque, verificare se i giudici di merito abbiano logicamente giustificato la loro valutazione provvedendo ad una corretta applicazione concreta della prova indiziaria attribuendo il giusto rilievo ai fatti accertati. Verifica, questa, da effettuare muovendosi all’interno dei confini propri del quadro probatorio cristallizzato dalla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di merito, non suscettibile di rivisitazione in questa sede; e ciò in quanto compito del giudice di legittimità non è infatti quello di ricostruire e valutare i fatti diversamente da quanto compiuto dal giudice di merito ma di sindacare la correttezza del ragionamento di questi sulla valutazione relativa alla efficacia indiziaria dei fatti accertati.
7. Muovendo da siffatte considerazioni di principio e tornando al caso di specie, non può non evidenziarsi da subito come entrambe le decisioni di merito, pur assegnando alla individuazione fotografica operata dalle vittime ampio rilievo nella valutazione ponderale chiusa con il giudizio di responsabilità, al contempo non attribuiscono alla stessa il valore probatorio che per contro le spetterebbe ove non vi fossero dubbi sul risultato istruttorio che la connota nella specie. Diversamente, non sussistendo elementi per porre in dubbio l’attendibilità delle persone offese e del relativo narrato, il convincimento da porre a fondamento della condanna ben poteva riposare anche esclusivamente sulle rassegnate individuazioni.
Per contro, dando per presupposto il dato in forza al quale entrambe le persone offese non ebbero a riconoscere con certezza nell’imputato l’autore dei fatti in contestazione (le due sentenze riferiscono di una asserita percentuale di certezza della individuazione in misura dell’80%, peraltro comunemente riferibile ad entrambe le vittime), la valutazione nel merito conformemente resa dal Gup prima e dalla Corte distrettuale in sede di gravame, mira ad attribuire mero valore indiziario alla individuazione fotografica finendo poi per attingere da altri elementi indiziari i momenti di riscontro probatorio di natura logica ritenuti necessari per giungere alla condanna.
Ora, è noto che, in forza all’orientamento espresso costantemente da questa Corte Suprema (sul quale sembra implicitamente riposare in parte qua anche l’atteggiamento motivazionale delle decisioni di merito), l’individuazione fotografica cui abbia proceduto la polizia giudiziaria, al pari delle deposizioni delle persone offese, sempre se attendibili e circostanziate, può costituire elemento idoneo a fondare il convincimento del giudice. Trattasi, più dettagliatamente, di un dato probatorio (più precisamente di una prova atipica) la cui affidabilità non deriva dal riconoscimento in sè, ma dalla credibilità della deposizione di chi, avendo esaminato la fotografia dell’imputato, si dica certo della sua identificazione (si veda, ex plurimis, Cass. Sez. 2, 28.10.2003 n. 47871, Tortora, rv. 227079); ne consegue che, come nel caso a mano, una volta reso dubbio il dato di partenza, id est quello della stessa certezza del riconoscimento in capo alla persona che vi provvede, l’atto perde quella idoneità a costituire valido supporto utile a fondare il convincimento del giudice mantenendosi al di sotto della soglia probatoria utile per superare il ragionevole dubbio di cui all’art. 533 c.p.p., comma 1.
8. Ed è proprio nello sforzo motivazionale reso dai giudici del merito al fine di far recuperare, alla individuazione, un valore probatorio tale da giustificare il giudizio di responsabilità che si annidano le incongruenze logico-giuridiche destinate a viziare la decisione impugnata. Non può condividersi, infatti, il ragionamento seguito dalla Corte distrettuale avuto riguardo agli elementi indiziari individualizzanti, utilizzati, sul piano logico, per colmare le lacune correlate alla inidoneità in sè della individuazione quanto alla possibilità di porre la stessa a sostegno del convincimento finalizzato al giudizio di responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio.
Al fine, entrambi i giudici di merito guardano in primo luogo al tenore delle dichiarazioni rese in occasione delle rispettive denunzie da parte delle persone offese. Tuttavia, ad opinione della Corte, gli elementi segnalati nella motivazione in contestazione, per come tratti dalle dichiarazioni riferite alle vittime delle due rapine, non consentono di sanare il vuoto costituito dalla incompletezza della individuazione.
8.1 Non vale riferirsi agli elementi della denunzia della prima vittima ( P.A.), rinvigorita, nel motivare del Giudice d’appello, nel suo asserito valore indiziario e individualizzante, dal riferimento al neo sulla faccia descritto In denunzia e poi riscontrato fotograficamente siccome effettivo elemento connotante anche l’imputato: è di tutta evidenza, infatti, che l’argomento prova troppo proprio considerando il mezzo dell’individuazione fotografica, facile essendo il raccordo, implicito ma per questo del pari non individualizzante, con la rappresentazione fotografica di un soggetto dotato della connotazione in precedenza descritta, soprattutto in assenza di altri elementi utili allo scopo identificativo (tali non potendosi considerare adeguatamente, sempre guardando a quanto indicato in motivazione, la giovane età, la provenienza dall’est Europeo, la magrezza, la forma allungata del viso).
8.2 Ancor più modesta significatività indiziaria andava ascritta alla deposizione della seconda vittima ( I.B.), quantomeno in considerazione dei tratti riportati in sentenza. Nel caso, a fronte di due rilievi specifici sollevati dalla difesa, volti a svilire ancor di più il tenore individualizzante della propalazione scritta in questione, la Corte distrettuale è caduta in valutazioni congetturali sfornite di un valido supporto logico tali ampliare la forbice tra la corretta valutazione dei criteri propri della prova indiziaria e la applicazione pratica degli stessi operata nella specie. Ci si riferisce al diverso colore dei capelli indicato dalla vittima a fronte di quello riscontrato fotograficamente in capo all’imputato : dato, questo, che la Corte ha superato apoditticamente motivando in relazione alla possibilità che i capelli, dopo il rilievo fotografico, siano stati tinti o che nell’occasione l’imputato abbia potuto fare uso di una parrucca secondo considerazioni, tuttavia, meramente soggettive prive di un valido supporto logico, e, in quanto tali, del tutto inadeguate al fine. Del pari, sul piano della inadeguatezza logica, analoga scelta motivazionale emerge guardando alla mancata indicazione, da parte della seconda vittima, del neo presente sulla guancia destra dell’imputato : anche in tal caso, trattasi di distonia tra le due deposizione scritte risolta con mere valutazioni congetturali (verosimilmente, nel ritenere della Corte distrettuale, la vittima non si accorse del neo perchè vide in volto l’autore della rapina solo quando si pose alla guida della sua auto porgendogli il lato sinistro del volto), non idonee, in mancanza di agganci oggettivi di supporto garantiti dal dato istruttorio riferito, a conferire valida incidenza indiziaria alla relativa dichiarazione, lasciando al fine inalterato il dubbio sulla effettiva capacità individualizzante delle indicazioni fornite.
9. L’iter logico sotteso al motivare della Corte distrettuale degrada ancor di più nel disvalore funzionale ad un convincimento idoneo a supportare il superamento del ragionevole dubbio se ci si sofferma sugli ultimi due elementi indiziali posti a supporto del giudizio contestato.
9.1 Quanto alla identità di azione, luogo e di collocazione temporale delle condotte (entrambe effettuate di notte nei pressi di una discoteca a distanza di pochi giorni), elemento per il vero specificatamente segnalato a supporto della motivazione dal primo Giudice e richiamato ad integrazione dalla Corte distrettuale, è agevole evidenziare che si tratta di momento logico che ben potrebbe costituire il valido collante tra i due fatti sempre che almeno uno dei due episodi venga ascritto alla stessa persona (qui, nell’impianto accusatolo, l’odierno ricorrente); diversamente, incerta, come nella specie, la ascrivibilità all’imputato anche di uno solo degli accadimenti in contestazione, il dato finisce per mantenere una assoluta neutralità indiziaria.
9.2 Altrettanto è a dirsi quanto alla circostanza in forza al quale, qualche giorno prima dei fatti, il ricorrente è stato fermato, sempre in orario notturno, in prossimità dei luoghi, descritti siccome particolarmente isolati, di poi divenuti teatro delle condotte illecite in accertamento senza che sia riuscito a rendere una valida giustificazione delle ragioni per le quali si trovava in quei posti ed anzi fornendo una motivazione contraddittoria tra quanto inizialmente dichiarato e quanto poi sostenuto innanzi al GUP. Per quanto certamente suggestiva, la circostanza non è dotata di una incidenza logica così marcata tale da colmare le lacune indiziarie inficianti gli altri momenti del ragionamento posto a supporto della decisione assunta.
10. In conclusione, sia esaminati partitamente che visti nella loro globale complessità gli elementi indiziari segnalati a fondamento del percorso tracciato dai Giudici del merito, presentano lacune tali da non consentire di ritenere validamente superato il ragionevole dubbio di cui all’art. 533 c.p.p., comma 1, e si pongono in aperto contrasto con il motivare conforme alla logica sottesa al disposto di cui all’art. 192 c.p.p..
11. Per tale via, dunque, si impone l’annullamento con rinvio ad altra sezione della medesima Corte distrettuale perchè, alla luce del principi sopra esposti rivaluti nuovamente il materiale Indiziario a disposizione senza incorrere nei vizi logici e di interazione dei criteri di valutazione della prova indiziaria sopra riscontrati pervenendo al fine ad un nuovo giudizio sui fatti oggetto di processo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2012