La pubblica amministrazione non è responsabile se l’utente poteva prevedere l’insidia stradale

Tag 11 Ottobre 2021  |

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La responsabilità della Pubblica Amministrazione per difetto di manutenzione della strada pubblica è da escludersi nel caso in cui l’utente danneggiato aveva la concreta possibilità di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo occulto.

Pertanto non vi è insidia stradale e viene meno il nesso eziologico laddove si possa dire che l’adozione di normali cautele da parte del danneggiato avrebbe evitato l’evento.

Tribunale Firenze Sez. II, Sent., 20-01-2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE

02 Seconda sezione CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Maria Novella Legnaioli

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1864/2018 promossa da:

M.A. con il patrocinio dell’avv. AZZARO SALVATORE elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore

ATTORE

contro

COMUNE DI FIRENZE con il patrocinio dell’avv. TRAVERSO SILVIA elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore

CONVENUTO

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.A. ha convenuto in giudizio il Comune di Firenze per ottenerne la condanna al risarcimento del danno ex art. 2051 c.c. dall’attore subito in data 25.12.16 quando, mentre stava percorrendo via delle P. S. lungo il percorso adibito a transito pedonale sulla destra della carreggiata a fianco delle auto in sosta, a causa del pessimo stato di manutenzione del manto stradale, era inciampato in una profonda buca e si era procurato lesioni personali.

Il Comune di Firenze si è costituito e ha eccepito la nullità della citazione per indeterminatezza nonché il proprio difetto di legittimazione passiva. Nel merito ha contestato la propria responsabilità e ha concluso per il rigetto della domanda.

La causa è stata istruita mediante produzioni documentali e prove testimoniali.

Premesso che risulta infondata l’eccezione di nullità della citazione, eccezione peraltro non più ripetuta negli atti di causa successivi alla comparsa di costituzione e risposta, poiché risultano sufficientemente individuati il petitum e la causa petendi, la domanda non può essere accolta nel merito.

Ciò, secondo il principio della ragione più liquida, dispensa dall’esame dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva proposta dal convenuto, che va comunque qualificata quale eccezione di merito e non di rito.

Quanto alla infondatezza della domanda, in primo luogo non risulta sufficientemente provata la dinamica del sinistro. La moglie dell’attore D.R.D. non ha assistito alla caduta, come emerge dalle sue stesse dichiarazioni testimoniali. Pertanto la medesima teste risulta inattendibile laddove riconosce nel doc. 12 la foto della buca in cui sarebbe caduto il marito.

La teste C.F. che seguiva il M., pur avendo visto quest’ultimo cadere in avanti, non è stata in grado di riferire come ciò sia avvenuto, poiché tra l’attore e la teste si trovava in mezzo la figlia del primo, all’epoca di sei anni di età (“l’attore è caduto in avanti; il tratto era disconnesso, ma esattamente non ho visto se sia inciampato in una radice o altro perché avevo davanti la bambina”).

La teste ha anche escluso che vi fossero buche evidenti (“non è che vi fossero delle evidenti buche, ma il manto stradale era ammalorato e dissestato. Non vi erano buche di 10 cm, ma di 2 cm di profondità; più che altro c’erano delle radici affioranti”) e non è stata in grado di riconoscere la buca rappresentata nella foto di cui al documento 12 (“Non sono in grado di dire se la buca fosse quella mostrata (doc.12)”).

Proprio il grave regime risarcitorio e la natura oggettiva della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. impone la prova rigorosa del nesso causale tra la cosa e il danno e l’individuazione esatta della prima e della dinamica del fatto. Non è sufficiente, come sembra sostenere parte attrice, che il tratto di strada in questione si presentasse ammalorato e che l’attore sia caduto in quel tratto di strada. E’ necessario che sia specificamente indicato, e dimostrato, l’oggetto -buca, avvallamento, radice o altro- da cui il danno è derivato.

In mancanza non può operare la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. che non può fondarsi su prova meramente presuntiva della dinamica del sinistro, quale quella che deduce dal fatto noto che il tratto di strada percorso fosse dissestato il fatto ignoto che l’attore fosse caduto a causa del dissesto della strada.

Nessuno ha visto se l’attore fosse inciampato -e, nel caso, se fosse inciampato nel dislivello di una buca, peraltro non particolarmente elevato come riferito dalla teste C. (“Non vi erano buche di 10 cm, ma di 2 cm di profondità”) e come emerge dalle foto in atti, o in quello di una radice affiorante- oppure se avesse perso l’equilibrio per altro motivo.

Alla carenza probatoria circa la dinamica del sinistro va aggiunta la considerazione della visibilità delle disconnessioni del manto stradale e in particolare della buca cui l’attore attribuisce, tuttavia non provandolo, l’effetto causale della caduta.

La prova del nesso causale si presenta particolarmente delicata nei casi in cui il danno non sia l’effetto di un dinamismo interno alla cosa, scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento (ad es. scoppio della caldaia, frana della strada etc.), ma richieda che al modo di essere della cosa si unisca l’agire umano ed in particolare quello del danneggiato, essendo essa di per sè statica ed inerte (cfr Cass. 2660/2013).

La buca nella strada, la radice affiorante, il dislivello delle pertinenze stradali et similia non manifestano di per sé soli il collegamento causale – necessario ed ineliminabile – con la caduta del passante, ove questi non provi che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, la caduta.

Per attribuire la responsabilità ex articolo 2051 c.c. al custode della cosa occorre pertanto accertare la maggiore o minore facilità di evitare l’ostacolo, il grado di attenzione richiesto ed ogni altra circostanza idonea a stabilire se effettivamente la cosa avesse una potenzialità dannosa intrinseca, tale da giustificare l’oggettiva responsabilità del custode (cfr. Cass. 2660/2013).

Va precisato che non si tratta di onerare il danneggiato di dimostrare il cattivo funzionamento della cosa, quanto piuttosto di esigere la dimostrazione del collegamento tra la cosa e l’evento danno (Cass. 2660/2013).

Non può sostenersi che la caduta sia ascrivibile alle caratteristiche del bene quando un utente mediamente accorto e diligente avrebbe semplicemente adeguato il proprio passo all’ostacolo concreto da superare, essendo onere del pedone valutare il terreno dinanzi a sé e adeguare allo stesso la propria camminata.

Nella fattispecie gli avvallamenti creati dal manto stradale deteriorato e dalle radici erano perfettamente visibili ed evitabili con l’ordinaria diligenza (Cass. 6425/2015: “In tema di danno da insidia stradale, la concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo occulto vale ad escludere la configurabilità dell’insidia e della conseguente responsabilità della Pubblica Amministrazione per difetto di manutenzione della strada pubblica, dato che quanto più la situazione di pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, sino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso”).

Come precisato dalla medesima Corte (Cass. 11526/2017) “è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato”. E ancora: “quanto più la situazione di pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso le normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra il fatto e l’evento” (Cass. 6034/2018).

Il fatto oggetto di causa si è verificato in ora diurna, circa le 12.30, in una giornata che presentava normali condizioni di visibilità, non c’erano oggetti od ostacoli che impedissero la vista. Il tratto di strada in questione era stato poi percorso all’andata dall’attore e all’imboccatura della via delle P. S. era apposto un cartello di strada dissestata, come emerso dalle dichiarazioni dei testi di parte convenuta. Se l’attore avesse posto attenzione mentre, al ritorno, percorreva a piedi a ritroso il medesimo tratto di strada verso la macchina parcheggiata, come avvertito dal cartello, avrebbe agevolmente evitato di cadere e di procurarsi le lesioni di cui oggi chiede il risarcimento.

Non è pertanto configurabile la responsabilità del Comune convenuto e la domanda deve essere rigettata.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto del valore della domanda e della non particolare complessità della causa.

P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

rigetta

la domanda;

Condanna la parte attrice a rimborsare alla parte convenuta le spese di lite, che liquida in Euro 2728 per onorari, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali al 15% come per legge.

Così deciso in Firenze, il 19 gennaio 2021.

Depositata in Cancelleria il 20 gennaio 2021.

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