Nessuna convalida per espulsione incompatibile con Direttiva Europea 115/2008
[massima]
In materia di espulsione dello straniero, non può convalidarsi il decreto del Questore, emesso successivamente al 24 dicembre 2010 e prima dell’entrata in vigore del d.l. 23 giugno 2011, n. 89 (convertito con modificazioni nella legge 2 agosto 2011, n. 129).
Il decreto che dispone il trattenimento in un centro d’identificazione ed espulsione ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ai fini dell’esecuzione dell’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera, è infatti un provvedimento incompatibile con la direttiva 2008/115/CE.
Sebbene, il suddetto provvedimento fosse conforme alla disposizione interna all’epoca, la suddetta direttiva, la quale è immediatamente applicabile dopo la scadenza del termine per il suo recepimento (come affermato anche dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza El Dridi, in causa C-61/11) rende illegittimo il provvedimento.
Si ricorda che la Direttiva Europea prevede l’esecuzione coattiva dell’espulsione non in via ordinaria, ma solo in casi specifici, che quindi devono essere verificati.
[intestaz]
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 11292/2011 proposto da:
O.T. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA P. LEONARDI CATTOLICA 3, presso lo studio dell’avvocato FERRARA ALESSANDRO, rappresentata e difesa agli avvocati FERRARA Silvio, PUPETTI IVAN, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO ((OMISSIS)), QUESTURA di ROMA;
– intimato –
avverso il provvedimento n. R.G. 503/11 del GIUDICE DI PACE di ROMA, emesso il 28/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/04/2012 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA;
è presente il P.G. in persona del Dott. UMBERTO APICE.
[fatto]
Il Giudice di pace di Roma ha convalidato il decreto del Questore di Teramo in data 25 febbraio 2011 con cui è stato disposto il trattenimento della sig.ra O.T., cittadina (OMISSIS), presso un centro di identificazione ed espulsione ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, ai fini dell’esecuzione dell’espulsione.
L’interessata ha proposto ricorso per cassazione, contenente quattro motivi di censura per violazione di norme di diritto.
L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.
Con relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ritualmente notificata all’avvocato della ricorrente, il Consigliere relatore ha ritenuto la fondatezza del primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri.
La ricorrente ha presentato anche memoria.
[diritto]
1. – Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione degli artt. 7 e 15 della direttiva 2008/115/CE in tema di rimpatri, dalla quale l’ordinamento italiano si discosta là dove prevede la coazione quale modalità normale di esecuzione dell’espulsione, mentre la direttiva impone, all’opposto, come regola – e salvo le specifiche eccezioni ivi indicate – l’esecuzione volontaria del rimpatrio da parte dell’interessato entro un termine da sette a trenta giorni fissato dall’amministrazione.
1.1. – Il motivo è fondato.
L’art. 7 della direttiva invocata prevede la partenza volontaria dell’interessato, entro un termine fissato dal provvedimento di rimpatrio e compreso fra i sette e i trenta giorni, come modalità ordinaria di esecuzione del rimpatrio stesso (par. 1); soltanto in casi eccezionali, cioè se sussiste pericolo di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l’interessato costituisce un pericolo per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, è consentito concedere un termine più breve per la partenza volontaria o non concedere alcun termine (par. 4).
L’allontanamento, eseguibile “in ultima istanza” anche mediante misure coercitive, è ammesso nei casi in cui non sia concesso alcun termine per la partenza volontaria, o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il termine concesso (art. 8). Il trattenimento dell’interessato, infine, è ammesso – sempre che non possano in concreto essere applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive – al solo fine di preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento nei casi di rischio di fuga dell’interessato o nei casi in cui quest’ultimo eviti od ostacoli la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento (art. 15).
Si tratta di disposizioni non solo incondizionate, ma altresì sufficientemente precise, come affermato anche dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea nella sentenza 28 aprile 2011, causa C- 61/11 PPU (c.d. sentenza El Dridi); dunque, per giurisprudenza pacifica, le norme nazionali con essa contrastanti vanno disapplicate dal giudice nazionale una volta trascorso invano il termine previsto per il recepimento della direttiva nel diritto interno dei singoli stati.
La direttiva in esame non è stata recepita nell’ordinamento italiano entro il termine di scadenza del 24 dicembre 2010; lo è stata solo successivamente, mediante il D.L. 23 giugno 2011, n. 89, conv., con modif., in L. 2 agosto 2011, n. 129, che ha modificato in particolare il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, artt. 13 e 14. All’epoca del decreto di trattenimento oggetto della presente controversia, emesso dal Questore il 25 febbraio 2011, era dunque ancora vigente la disciplina contenuta nel precedente testo dei due articoli appena richiamati.
Tale disciplina si discosta notevolmente dalla direttiva 2008/115 CE perchè non prevede affatto la concessione di un termine per la partenza volontaria dell’interessato (come ritenuto anche dalla Corte di giustizia nella motivazione della richiamata sent. El Dridi); essa prevede, al contrario, l’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica quale regola per l’esecuzione dell’espulsione (art. 13, comma 4), mentre la semplice intimazione a lasciare il territorio nazionale entro un termine, peraltro di soli cinque giorni, è prevista per i soli casi in cui lo straniero si sia trattenuto nel territorio dello Stato con permesso di soggiorno scaduto di validità da più di sessanta giorni (art. 13, comma 5).
Nel caso che ci occupa, il trattenimento della ricorrente è stato disposto dal Questore in funzione, appunto, dell’esecuzione dell’accompagnamento alla frontiera quale modalità ordinaria di esecuzione dell’espulsione, secondo la previsione di legge, senza che ricorresse o comunque fosse addotta alcuna ragione giustificativa riconducibile a quelle previste dalla direttiva sopra esaminata, in applicazione della quale (e in disapplicazione della contrastante disciplina nazionale) il Giudice di pace avrebbe dunque dovuto negare la convalida.
2. – Restano in ciò assorbiti i restanti motivi di ricorso, con i quali si chiede, in subordine, rimettersi alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee la questione della compatibilità dell’ordinamento italiano con la richiamata direttiva 2008/115/CE (secondo motivo); si lamenta che il Giudice di pace abbia omesso di valutare la legittimità del decreto di espulsione in esecuzione del quale era stato emesso il decreto di trattenimento oggetto di convalida (terzo motivo); si deduce che il decreto di trattenimento non poteva essere emesso in esecuzione del risalente decreto di espulsione del Prefetto di Teramo del 25 giugno 2009, ma sarebbe stata necessaria l’emissione di un nuovo decreto di espulsione ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter (quarto motivo).
3. – Il provvedimento del Giudice di pace impugnato va in conclusione cassato.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult.
parte, negando la convalida del provvedimento con cui è stato disposto il trattenimento della ricorrente nel centro di identificazione ed espulsione.
L’amministrazione soccombente va inoltre condannata alle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, non convalida il provvedimento, meglio indicato in motivazione, con cui il Questore di Teramo ha disposto il trattenimento della ricorrente; condanna il Ministero dell’Interno alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge, spese tutte da distrarre in favore del difensore antistatario avv. Silvio Ferrara.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2012